In una storia inaspettata, raccontata senza la paura di dare libero sfogo all’immaginazione più recondita e potente, André Breton descrive la complessa relazione avuta con una giovane donna con problemi psichiatrici, Nadja appunto.
Pubblicato nel 1928 e libro simbolo del movimento surrealista, il racconto non ha una struttura lineare: nella deformazione temporale e spaziale le parole ricercano e assumono significati nuovi, che portano il lettore a reinterpretare completamente la realtà.
Gli eventi si svolgono nel corso di dieci giorni, ma il normale sviluppo cronologico della vita è sovvertito, le normali categorie sono rifiutate. Parigi fa da sfondo agli eventi, ma la città si trasforma in una foresta di simboli: l’autore vaga per le strade insieme alla giovane donna come un vero flâneur. Movimenti casuali, coincidenze, rifiuto di ogni spiegazione razionale è ciò che accompagna il lettore pagina dopo pagina.
Nadja ha contorni poco precisi, è come un fantasma che l’autore scorge il 4 ottobre 1926 mentre cammina per un quartiere della città. Un incontro casuale: tra la folla, la giovane donna si distingue da tutti gli altri per il suo portamento e l’autore è affascinato dal contorno dei suoi occhi. La invita a un caffè. Nadja racconta la sua vita. Breton è colpito da tutto ciò che la riguarda e dal modo in cui essa osserva e vive il mondo.
L’autore ricerca la rivelazione della propria vita e il libro si apre infatti con la domanda “chi sono io?”. In tale contesto la giovane donna ha un ruolo fondamentale. Nadja, parola che in russo corrisponde all’inizio della parola “speranza”, e che la donna ha scelto per tale significato e proprio perché ne è solo l’inizio, ha, infatti, la capacità di sconvolgere tutto, di sovvertire la logica più profonda delle cose. Breton è consapevole dell’instabilità mentale di Nadja, e scorge in essa una fuga dalla logica e dalla prigione del quotidiano. Poco a poco, la donna diviene simbolo di un mondo altro, libero da preconcetti e prospettive predefinite.
La protagonista è una donna realmente esistita, proprio come tutto quello che Breton descrive. Visti da un’altra prospettiva, gli oggetti familiari assumono però valori nuovi. Libere associazioni di pensiero tra realtà distanti, scaturite per esempio dalla vista del più semplice oggetto, portano a una dilatazione del racconto, che si perde, per poi trovare un nuovo e originale filo conduttore, nello spazio e nel tempo della memoria. Breton esplora il mondo dell’inconscio, della pazzia e del sogno. Non vuole spiegare. Fotografie e immagini accompagnano le parole mostrando al lettore ciò che è descritto, sottraendo lo scrittore da tale compito.
Il lettore si sente disorientato di fronte al disfacimento delle barriere tra reale e inconscio: ogni cosa trova anzi nell’irrazionale la sua nuova ragione di essere. La sintassi ricca di subordinate, l’uso distorto della punteggiatura, la lunghezza e articolazione delle frasi, rappresentano sul piano stilistico il movimento indeterminato e illogico della vita umana, non più regolata da certezze assolute e punti fermi. Picasso ha scomposto il mondo, Freud ha indagato la natura più segreta dell’uomo, la teoria della relatività di Einstein ha permesso una nuova percezione del reale. Il mondo diventa un collage di immagini e sensazioni, emozioni e ricordi.
Non aspettatevi quindi una trama precisa, non aspettatevi esattezza di contenuti. Lasciatevi semplicemente trasportare dal flusso delle parole.
Autore: André Breton
Titolo: Nadja
Traduzione: Giordano Falzoni
Editore: Einaudi
Anno: 2007