Premessa numero uno: se non avete letto “Uomini che odiano le donne”, “La ragazza che giocava col fuoco” e “La regina dei castelli di carta”, ovvero la trilogia Millennium firmata da Stieg Larsson, fatelo, e poi tornate qui.

Per affrontare la lettura di “Quello che non uccide” – ribattezzato anche Millennium 4, uscito in contemporanea mondiale lo scorso 27 agosto, in Italia per i tipi della Marsilio – è indispensabile conoscere la saga di Millennium.

E riassumere qui l’opera di Stieg Larsson richiederebbe pagine e pagine. Diciamo soltanto che – pur essendo nato prima, con autori di tutto rispetto – il binomio Giallo e Svezia diventa indissolubile e fenomeno di massa grazie a Larsson. Ne avevamo già parlato in questo articolo, che può servire da piccola e incompleta bussola per orientarsi. Basti solo ricordare che i tre libri di Larsson hanno venduto più di 80 milioni di copie in tutto il mondo.

Premessa numero due: chi conosce Millennium sa che il povero Larsson è morto prima di dare alle stampe i suoi libri. Un successo enorme ma postumo, e che ha lasciato inevitabili strascichi. La compagna di Larsson ha sempre dichiarato di avere 200 pagine di appunti che proseguivano l’epopea di Lisbeth Salander e Mikael Blomkvist. Ma gli unici eredi autorizzati sono il padre e il fratello di Larsson, che hanno invece affidato al giornalista e scrittore David Lagercrantz il destino di Millennium.

Premessa numero tre: il fatto che il libro più famoso di Lagercrantz sia la biografia del calciatore Zlatan Ibrahimovic non è che deponga tanto a suo favore. Perché, con tutto il rispetto per Ibra, per il calcio e per lo stesso Lagercrantz, siamo ad un livello completamente diverso rispetto alla intricata trama costruita da Larsson, in cui storia, politica e analisi sociale danno una immagine della Svezia meno idilliaca rispetto a quello che sentiamo sempre dire della Scandinavia.

Con tutte queste premesse, o nonostante tutte queste premesse, ho cercato di affrontare “Quello che non uccide” senza pregiudizi. Consapevole però che mi sarei posto in continuazione alcune domande: è all’altezza di Larsson? Sarà stato fedele ai personaggi? Sapremo mai cosa esattamente aveva in mente l’inventore di Millennium e quali sarebbero stati gli sviluppi della sua saga, prevista in dieci romanzi?

Ad alcune domande posso provare a rispondere. Non sapremo mai cosa aveva in mente Larsson, ma i suoi personaggi principali – il giornalista Mikael Blomkvist e la hacker Lisbeth Salander – erano stati definiti in modo così preciso e profondo da lasciare poco spazio a errori di interpretazione.

L’inizio del libro (più breve dei precedenti, 502 pagine) si porta dietro tutti i dubbi e le perplessità sulla bontà dell’operazione. Lagercrantz sembra soffrire di un complesso di inferiorità rispetto al suo predecessore. L’incedere della trama è macchinoso, l’ambientazione a cavallo tra la Svezia e gli Stati Uniti sembra condurre la storia su un percorso più banale, su un’americanata che tradisce appunto le atmosfere scandinave che avevano fatto la fortuna di Millennium, e che trasforma i due protagonisti in personaggi seriali e senza particolare spessore.

Ma pian piano Lagercrantz si scrolla di dosso la paura: la storia diventa più avvincente, tornano prepotentemente alla ribalta i comprimari: da Erika Berger, socia e amante di Mikael, commissario Bublanski, all’ex tutore di Lisbeth Holger Palmgren.

I temi al centro del giallo – l’informatica, la matematica, l’autismo, l’intelligenza artificiale – concorrono tutti a definire il vero argomento, in questo caso i rischi provocati dal superamento di qualsiasi limite (legislativo, etico e morale) nell’uso dello spionaggio informatico.

Dopo l’11 settembre 2001 la ricerca della sicurezza passa sempre di più attraverso intercettazioni e forme di controllo. E le informazioni (politiche, ma anche industriali) diventano merce di scambio a caro prezzo. Il rimando all’attualità è palese: d’altronde, Lagercrantz ha scritto negli anni dell’esplosione di Wikileaks. E se la campagna elettorale di Hillary Clinton per le presidenziali americane del 2016 rischia di finire prima di cominciare, è a causa dell’uso di una casella di posta elettronica non ufficiale per lo scambio di informazioni riservate…

Inoltre – ma non posso dire una parola di più, per non farvi perdere il gusto dell’intreccio – il tutto si incrocia e incastra con il passato di Lisbeth Salander, con un colpo di scena da manuale che offre un nuovo appiglio per la prosecuzione delle avventure della premiata coppia.

Con un condotta sempre al limite tra lecito e illecito, Mikael e Lisbeth piegano la vicenda verso il lieto fine. Quello che emerge con più prepotenza (a conferma di quanto tracciato già da Larsson) è che per i due la giustizia è la stella polare della loro vita, anche se per farla trionfare si rischia di passare dalla parte del torto.

Sarebbe ingeneroso nei confronti dello scrittore dire che Lisbeth e Mikael sono più forti di qualsiasi tentativo di trasformazione, e che si impongano sull’autore. Si tratta invece di un atto di umiltà (o di furbizia, chi lo sa!) ma che appaga chi si era costruito un’idea dei due personaggi sulla base dei tre libri di Larsson.

Non tutto è perfetto: se uno dei fili conduttori è la matematica, si possono perdonare disquisizioni scientifiche su numeri primi, fattorizzazione è così via. Ma è francamente troppo esteso il ricorso a termini informatici o del vocabolario degli hacker.

Nei tre libri di Larsson eravamo venuti a contatto con il software creato da Lisbeth per controllare i computer altrui – asphyxia – ma poi tutta la sua attività al computer era un sottofondo alle note più importanti, quelle sulle sua personalità.

In “Quello che non uccide” invece il linguaggio da “nerd”, a volte, è veramente eccessivo. In compenso, pur non perdendo nulla dello spirito di Larsson (la ricerca di una giustizia sociale), Lagercrantz riesce a rendere avvincente una vicenda sicuramente meno intricata (diciamocelo: le prime 300 pagine della “Regina dei castelli di carta” erano di una pesantezza cosmica) ma plausibilmente fedele all’immaginario collettivo dei lettori di Millennium (e chissà, forse a quello che avrebbe voluto Stieg Larsson).

Paradossalmente, la sfida di Lagercrantz comincia ora: vinta la prima battaglia, soprattutto grazie alle parti in cui appare più fedele al dettato del suo predecessore, dovrà dimostrare di essere capace di apportare elementi di originalità che diano respiro alle avventure di Mikael e Lisbeth.

David Lagercrantz
Quello che non uccide
Millennium 4
Marsilio, 2015