Quando ho guardato la copertina di “Mal di Casa” edito da Atlantide e ho letto il titolo, ho pensato: “Ci risiamo. L’ennesima storia di una crisi esistenziale che ti riporta a casa”.
Poi, come sempre, mi sono dovuta ricredere. Quella di Catrina non è l’ennesima storia, ma la storia di una generazione che continua a chiedersi se e quando troverà il suo posto nel mondo e a che prezzo soprattutto.
Catrina Davies ha 31 anni, tanti sogni nel cassetto e pochi nel portafoglio, ha scelto di vivere in un capanno ed è la protagonista di una storia vera. Siamo in Inghilterra, per la precisione nell’estrema punta a sud-ovest del Regno Unito, la Cornovaglia. Non si tratta di un dettaglio da poco, perché non incontriamo in queste pagine i palazzi e grattacieli londinesi, ma una terra inglese ben diversa, fatta di colori, il verde e l’azzurro su tutti, e di suoni, come quelli degli animali selvatici.
Inizio la mia lettura e incontro la protagonista, Catrina, mentre sta tornando nel suo capanno, quella che definisce “casa”.
“La parola “casa” mi fa sentire bene. Ho girovagato per anni senza mettere radici prima di riuscire a ritagliarmi uno spazio dove vivere”
Arrivati sulla soglia del capanno, però, ha luogo l’amara scoperta: è stato devastato completamente. A questo punto l’autrice dà avvio a un lungo flashblack, in cui ha inizio l’autobiografia della protagonista che racconta come mai sia tornata in Cornovaglia e perché.
Dopo aver passato la giovinezza tra gli affitti folli di Bristol per appartamenti condivisi con altre otto persone e lavoretti che non offrono abbastanza per poter vivere in Inghilterra, Catrina si rende conto che il problema era sempre lo stesso:
“Il problema erano i soldi, ero al verde. Ero sempre senza soldi e più diventavo grande più non potevo evitare di immaginarmi al verde […]Essere al verde significava fare cose che non volevo fare e non fare cose che volevo fare”.
Per questo sceglie di tornare, torna nel capanno chiuso da vent’anni che il padre usava come studio ed è lì che si sente al sicuro. Step by step, come direbbero gli inglesi, Catrina lo rimette in piedi, grazie all’aiuto della sorella e del cognato, restituisce forma e colore a quel capanno, si trova un lavoro e con tempo e pazienza ritrova se stessa.
Quello che seguiamo capitolo dopo capitolo è un vero e proprio manuale di sopravvivenza per tornare a vivere in completa autonomia. Si inizia dal famoso “tetto sopra la testa”, si prosegue con il procacciamento delle cibarie. Come? Catrina riparte dalla terra intorno al suo capanno ed è così che si procura il cibo. Un’idea banale forse, che sembra lontana dal fare una semplice spesa al supermercato e allo stesso tempo coraggiosa, autonoma, indipendente nell’era del delivery food.
Quando ogni cosa sembra aver raggiunto il suo equilibrio e la protagonista si sente a casa, accade qualcosa che ci riporta alla pagina iniziale quella in cui il capanno viene devastato e che potrete scoprire solo leggendo la sua storia.
A libro chiuso, lo devo ammettere, mi è scesa una lacrima. L’autobiografia di Catrina non è solo un viaggio alla riscoperta delle cose semplici, ma anche un messaggio di speranza per tutta l’umanità, è un invito a seguire i propri sogni abbandonando gli schemi e credendo nelle nostre capacità.
“Ho imparato, questo, almeno dal mio esperimento; che se uno avanza fiducioso nella direzione dei suoi sogni, e si sforza di vivere la vita che ha immaginato, incontrerà un successo inatteso nei momenti più comuni”
Buona lettura a tutti
Autore: Catrina Davies
Titolo: Mal di Casa
Editore: Blu Atlantide
Anno: 2020