Il romanzo di Backes è scritto quasi per intero come un monologo del tutto privo di dialoghi. In effetti si tratta del racconto della vita avventurosa di Yannick fatto a un seminarista, in carcere.
Come ci fosse finito in carcere Yannick, detto anche João il Rosso, lo scopriremo solo alla fine.
Ci troviamo di fronte a un ottimo romanzo, scritto (e tradotto) davvero bene. Le frasi molto spesso sono brevi e incisive, legate tra loro con sapiente uso del linguaggio. Non ci sono passaggi banali, per così dire, e alle volte si percepisce chiaramente come il linguaggio colorito dei brasiliani fuoriesca dalla penna dello scrittore: Backes è brasiliano e si vede. Un ottimo scrittore tra l’altro, basta leggere il primo capitolo per rendersi conto delle sue qualità.
Consigliava la lettura di questo libro il noto giornalista e scrittore sportivo Darwin Pastorin, durante i mondiali brasiliani della scorsa estate. In effetti ci sono sia il Brasile che il calcio in queste pagine, con delle riflessioni sul futbol che gli appassionati non possono non gradire.
Si scrive per esempio della Nazionale Italiana che ha vinto ai Mondiali del 2006, e anche di Nedved. A me ha fatto particolare piacere trovare in queste pagine qualche riga dedicata al mediano Guiñazú, un vero guerriero di centrocampo, meteora del Perugia e poi punto fermo del fortissimo Internacional di Porto Alegre di qualche anno fa.
Ma perché si parla di calcio giocato e di calciatori? La risposta è presto detta: il protagonista della storia ricoprì anche il ruolo di allenatore, anzi, fece quello di mestiere. Senza voler dire troppo, l’autore si inventa che questo Yannick, brasiliano di origini russe, fuggì dai suoi problemi in terra natia per andare in Svizzera a lavorare come mungitore di vacche, un lavoro affidato agli stranieri. Essendo brasiliano venne subito “avvicinato” dai locali per il calcio e, sebbene non fosse un buon calciatore, iniziò quasi per caso la sua carriera di allenatore, scoprendosi anche discreto nel ruolo. Riuscì anche a tornare in Brasile e proseguire lì la sua avventura in panchina.
Ma le pagine dedicate al calcio non sono poi né tante né quelle che contano davvero in questa storia. Il calcio è visto come “vero teatro dell’esistenza”, ed è quest’ultima che la storia vuole indagare.
In definitiva un romanzo che può piacere a tutti, appassionati di calcio e non. Un romanzo che si merita un voto alto, sia perché scritto bene sia perché contiene una storia con tanti spunti di riflessione sull’esistenza. Non insegna ma aiuta a riflettere. E poi lo vedo così adatto a essere trasposto in un film, rigorosamente drammatico.
Autore: Marcelo Backes
Titolo: L’ultimo minuto
Titolo originale: O ultimo minuto
Traduzione: Virginia Caporali, Roberto Francavilla
Editore: Del Vecchio Editore
Anno: 2014