«Il viaggio: esperienza dell’altro, formazione interiore, divertimento e divagazione, in una parola, metafora della vita».
Recitava così una traccia della prima prova di maturità nel lontano 2005 e mai definizione risulta più appropriata per descrivere un percorso che è fisico, ma soprattutto spirituale. Perché viaggiare non significa soltanto compiere un chilometraggio più o meno esteso, ma predisporre la mente al mondo, alla storia, a stati d’animo differenti.
Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Robert M. Pirsig è la perfetta simbiosi tra il viaggio in moto che il protagonista e il figlio undicenne compiono attraverso gli Stati Uniti e le digressioni di carattere filosofico – i cosiddetti Chautauqua – che sorgono spontanee di fronte ai paesaggi attraversati e che coinvolgono il pensiero di Socrate, Platone, Hume, Kant, Hegel, Einstein e Lao Tzu.
Una vacanza on the road che attraverso il Minnesota, i due Dakota e il Montana termina in California, condotta attraverso le strade secondarie, preoccupandosi più di come trascorrere il tempo che di quanto impiegarne per giungere a destinazione.
«Mi piacerebbe usare il tempo che ho a disposizione per parlare di alcune cose che mi sono venute in mente. Il più delle volte abbiamo tanta fretta che le occasioni per parlare sono ben poche».
È grazie ai Chautauqua proferiti dal protagonista che apprendiamo come la totale mancanza di manutenzione della motocicletta da parte della coppia di amici che compare nella prima parte del romanzo sottintenda una più profonda avversione nei confronti della tecnologia; come guidare una motocicletta rifletta uno stile romantico, mentre sia decisamente classico occuparsi della sua manutenzione.
Pagina dopo pagina, i pensieri filosofici del protagonista diventano sempre più strutturati, e finiscono col far emergere la vera natura del suo Io, quel Fedro che anni addietro lo aveva portato sull’orlo della pazzia e che era stato allontanato con l’elettroshock.
È proprio Fedro che parla quando il narratore descrive la teoria della Qualità, intesa non come il semplice giudizio, ma come metafisica dell’esistenza stessa.
Ecco che Lo Zen si manifesta nella sua natura più autentica, quella di un viaggio alla ricerca di noi stessi, utilizzando la motocicletta come metafora della vita: molto meglio conoscere ogni singola parte del nostro mezzo e aggiustarlo personalmente che affidarsi a meccanici inesperti che possano causare danni; meglio affrontare le situazioni con entusiasmo, ossia pieni di theos, perché le insidie sono sempre dietro l’angolo, e una buona dose di Qualità può contrastare l’impazienza e l’ansietà. La vita – come un viaggio in motocicletta – può essere scomoda e riservare delle insidie, ma se si utilizzano calma e coraggio anche la meta più inaccessibile comparirà all’orizzonte.
Nonostante le frequenti digressioni filosofiche non di immediata comprensione, il romanzo di Pirsig stupisce per fluidità di scrittura e intensità del pensiero. Fortemente consigliato a chi almeno una volta sia capitato di perdersi nelle strade della vita, e cerchi, attraverso una lettura spirituale, di giungere alla meta prefissata.
1 commento
Ottima analisi del libro che io amo alla follia, analisi lucida! Ed e’ inoltre lineare con il mio pensiero sul libro stesso, sull’autore e si allaccia alla mia lunga vita motociclistica
ove tutto alla fine diventa un viaggio dell’anima.