“Dio vi ha dato un volto, voi ve ne fate un altro’” bofonchia Amleto stigmatizzando l’uso femminile del trucco, condannando l’apparenza come falsità. Ma nello sguardo antropologico falso appare il viso reale dell’uomo. Il trucco che deforma volto e corpo o la maschera, quella testa vuota che lo occulta, sono i mezzi attraverso i quali l’uomo dà senso all’inconsistenza della sua nudità.
Il primo volume dell’opera divisa in due parti (la seconda in fase di pubblicazione) di Ferdinando Falossi – studioso delle origini del teatro e costruttore di maschere – e Fernando Mastropasqua – professore in pensione di Storia del teatro presso l’Università di Torino – fin dalla premessa avvicina il lettore al tema della maschera da diverse angolazioni.
Che cos’è la maschera e qual è il suo significato? La maschera nasconde il volto, o esibisce il tentativo tutto umano di dare senso all’inconsistenza della nudità?
Il saggio, tuttavia, non si limita solo a queste riflessioni. Le maschere hanno una storia e questa storia è, al tempo stesso, storia dell’uomo. In questo volume, dunque, troviamo un ampio spazio dedicato alle origini e all’evoluzione della maschera – tema affrontato in particolare attraverso uno studio antropologico attento e dettagliato dei riti sciamanici, delle usanze tribali, del folklore, del circo e soprattutto, del mito greco.
Proprio la classicità sembra infatti fare da ponte per estendere ulteriormente gli orizzonti di questa opera, che si propone di colmare un vuoto negli studi di storia del teatro senza mai pretendere, al contempo, di esaurire i molteplici aspetti che la maschera, oggetto e simbolo come la definiscono gli autori, mostra nell’ambito del teatro stesso.
Tuttavia, nella ricerca di Falossi e Mastropasqua, che testimonia ancora una volta quanto il passato abbia da insegnare, un aspetto in particolare emerge con chiarezza e lucidità, ed è l’intreccio tra la maschera e l’essere umano che la indossa. Così, attraverso la storia della maschera e di ciò che essa ha rappresentato per l’uomo fin dagli albori della civiltà è messa a fuoco la cesura tra il bisogno moderno di razionalizzare la realtà, di controllarla, e l’accettazione necessaria del rischio, del pericolo, della precarietà stessa a cui siamo esposti. E la maschera, in questo quadro, non è più un inutile orpello, ma sembra rappresentare soprattutto l’altro volto dell’uomo (e, in particolare, nel mito greco, l’altro volto di Gaia, la Grande Madre, che incarna l’atto di creazione per eccellenza), quello che permette all’uomo di superare ogni limite per farsi “altro”.
Chi o cosa diventiamo quando inseriamo la nostra testa in una testa vuota? Quando lasciamo che un vuoto d’altro accolga il nostro pieno per dargli nuove sembianze e nuova forma? L’incanto della maschera ci spinge a porci queste domande, indicando nella cultura greca e nel mito una possibile direzione per trovare una risposta. La maschera, come sottolineano gli autori, appare qui come il simbolo per eccellenza della visione dionisiaca, come forma e apparenza che racchiude il caos (p.213). E una forma che cela il caos non è altro che un’allegoria del mondo, la cui superficie e le cui forme sensibili nascondo nel loro vuoto cavo il segreto del soffio vitale.
Autore: Ferdinando Falossi, Fernando Mastropasqua
Titolo: L’incanto della maschera
Editore: Prinp
Anno: 2014