Mi ci sono voluti pochi giorni a leggere le quasi duemila pagine della cosiddetta Trilogia del Male, l’opera in tre libri di Roberto Costantini. Il primo, “Tu sei il male”, era del 2011. L’anno successivo è uscito “Alle radici del male”, mentre è di fine 2014 il capitolo finale, “Il male non dimentica”, tutti per Marsilio.

Ma ho dovuto riflettere su questa recensione per alcune settimane. Forse il tempo necessario per metabolizzare un’opera tanto imponente, per fare sedimentare luoghi, personaggi, intrecci. Pensando a come raccontarvi di cosa parlano i tre libri senza svelare la trama, ho provato a pensare cosa c’è dentro la Trilogia. È un elenco non esauriente e disordinato, ma spero che possa aiutarvi a coglierne l’essenza.

Innanzitutto c’è una scrittura coinvolgente, molto naturale, fluida, una lingua che è il nostro parlato quotidiano: Costantini deve aver risciacquato i panni in Arno (o meglio nel Tevere) molte volte per arrivare a una tale chiarezza. C’è un’idea complessa, che mischia storia, cronaca, polizia, mafia, religione, servizi segreti.

Tu sei il maleGli accostamenti alla trilogia di Stieg Larsson, “Millenium“, sono sensati e plausibili. La Trilogia del Male non ha nulla da invidiare all’opera del giornalista/scrittore svedese. C’è Giorgio Faletti: era stato il primo – nel 2002 – a cimentarsi con un thriller – “Io Uccido” – così complesso, corposo, lungo e avvincente. C’è Tomasi di Lampedusa: non tanto perché la famiglia del protagonista è siciliana, ma perché traspare, capitolo dopo capitolo, il tipico atteggiamento italiano del gattopardismo: adattarsi alle nuove situazioni dimenticando con nonchalance il passato, per puro tornaconto personale. In un faccia a faccia con il padre, il protagonista – di cui parlerò tra poco – dice che non vorrebbe mai vivere in Italia: «Perché è un paese dove sono tutti pronti al tradimento, se pensano di trarne qualche vantaggio».

C’è un personaggio convincente: Michele Balistreri, il protagonista. La sua vita conosce due fasi principali: la prima, vissuta in Libia – e che verrà vivisezionata e raccontata nei libri 2 e 3 della trilogia – e la seconda in Italia, dove (dopo alcune peripezie) diventa poliziotto (ma non per vocazione). In lui risiedono pregi e difetti comuni, non è mai un eroe né una macchietta. I suoi ideali sono spiattellati ma non chiede che vengano condivisi. Ogni sua mossa è conseguenza del suo comportamento. Commette molti errori, ma non ispira comprensione. Eppure, non si riesce a non immedesimarsi e a parteggiare per Balistreri.

C’è storia: perché gli italiani in Libia ci sono stati veramente, dai tempi dell’«impero coloniale» fascista fino all’avvento di Gheddafi. Si tratta di una pagina rimossa (come tante, tantissime altre) della nostra storia patria. Ci sono ricordi: la trilogia è disseminata di momenti che fanno parte della nostra memoria: il calcio (i mondiali del 1970, del 1982, del 2006), il Festival di Sanremo, Domenico Modugno che canta Volare. C’è un intreccio che speriamo sia solo romanzesco: perché quello che si racconta sull’ascesa di Gheddafi e sugli affari e gli interessi è spaventosamente verosimile: politica, mafia, religione camminano a braccetto, senza nessuno scrupolo, alcuni dei personaggi attraversano un periodo di quasi sessantanni fedeli solo ai propri interessi.

Alle radici del maleQualche parola sulla storia: il primo libro è un giallo, ambientato a Roma. Due morti – una la sera della finale dei mondiali di Spagna del 1982, l’altra durante la finale di Berlino del 2006 – collegate da una matassa intricatissima. Spetta a Balistreri – che ha il bandolo in mano – districarla. Trama avvincente, personaggi azzeccati e… un collegamento con il passato di Balistreri che viene svelato nel secondo libro. Qui comincia veramente un’altra storia, ancora più affascinante e coinvolgente. Gli anni libici di Michele sono – come accennato – la ricostruzione di un periodo controverso della storia italiana. In pochi tratti tutti i protagonisti di quella fase – i genitori di Michele, Salvatore e Italia, gli amici del cuore Ahmed, Nico e Karim (con i quali il giovane Mike stringe un patto di sangue) e poi ancora un politico e un prete, una giornalista – trovano una precisa collocazione.

Nel terzo libro – che si apre con un duplice omicidio seguito da un invecchiato e rassegnato Balistreri – si chiude il cerchio, con ampie citazioni del secondo libro (che permettono di rivivere gli eventi da tutte le sfaccettature) e che trovano compimento solo nelle ultime pagine. Man mano che ci si avvicina alla fine, appaiono evidenti le ombre e gli errori commessi dal giovane Michele. È un ritorno alle radici del male. Considerato in almeno due accezioni: un male personale – quello di Balistreri – frutto delle azioni di quegli anni. Ma anche un male più generale: quello di un Paese, l’Italia – incarnato in questo caso da alcuni personaggi simbolici – fatto di voltagabbana, in cui il guicciardiniano “particolare” giustifica qualsiasi tradimento.

Autore: Roberto Costantini
Titolo: Tu sei il male
Editore: Marsilio
Anno: 2011

Autore: Roberto Costantini
Titolo: Alle radici del male
Editore: Marsilio
Anno: 2012

Autore: Roberto Costantini
Titolo: Il male non dimentica
Editore: Marsilio
Anno: 2014