La solitudine dell’assassino (Rizzoli, 2016) è l’ultimo romanzo del pluripremiato autore Andrea Molesini, già vincitore del Premio Campiello e del Premio Comisso nel 2011, con l’opera “Non tutti i bastardi sono di Vienna”.

La solitudine dell’assassino narra l’incontro tra lo scrittore e traduttore Luca Rainer e il bibliotecario e galeotto Carlo Malaguti. A Rainer viene commissionata la stesura della biografia del detenuto che, all’inizio del romanzo riacquista la libertà per buona condotta dopo vent’anni di prigione.

Tuttavia, l’aria di libertà a volte può essere più soffocante di quella di una cella ed è proprio questo lo stato d’animo del protagonista, che sotto una tranquillità e sicurezza apparenti nel rapportarsi con Rainer – un quarantenne caratterizzato da una grande immaturità affettiva – nasconde un disagio per una colpa che ancora non sembra essere stata espiata.

Il romanzo giallo ruota attorno all’omicidio compiuto da Malaguti vent’anni prima, la narrazione oscilla tra passato e presente, seguendo la giostra dei pensieri altalenanti e degli interrogativi del biografo Luca Rainer, affascinato dalla vita dell’ex detenuto e dagli spettri del passato che la abitano.

Isola di Sant’Erasmo (Venezia), anni quaranta, un giovane Malaguti appena ventenne sfugge alla follia nazista. Proprio sull’Isola incontra Anna, una bellissima donna ebrea appassionata di libri e se ne innamora, senza riuscire mai a confessarle la profondità del suo amore a causa di uno spaventoso avvenimento che sconvolge le loro vite. Cosa avranno in comune Anna e la vittima dell’omicidio che Malaguti compirà circa trent’anni dopo le misteriose vicende di Sant’Erasmo?

Per Rainer, questo interrogativo si trasforma in un’ossessione, in grado di rapire anche qualsiasi tipo di lettore. I più impressionabili si potrebbero lasciare spaventare dalle 366 pagine del romanzo, per accorgersi, dopo qualche pagina, che il fascino della trama, intricata e avvincente al punto giusto, rende la lettura scorrevole; è impossibile lasciare questo libro a metà!

Nei dialoghi tra Malaguti e Rainer si possono inoltre trovare piccole ricchezze filosofiche, lezioni di vita, “pillole” sulle quali riflettere:

“Proprio qui [in prigione] ho trovato il tempo vero della vita, ho imparato a fecondare la noia, a riempire il minuto di pensieri, letture, ho imparato a sopportare ciò che dura, ogni genere di lentezza, ho imparato, in una cella di tre metri per quattro, tra un tavolo una branda e un lavandino, a inventare tutta la libertà che prima disperdevo come pula al vento. Prima, quando ero libero, riempivo i miei giorni con la chincaglieria degli incontri e dei raggiri per non vedere, toccare, sentire il vuoto di cui erano fatti”

La solitudine dell’assassino è un libro al quale non manca nulla: i personaggi, dei quali si avverte la presenza fisica grazie alla profondità con la quale vengono ritratti; il paesaggio, che alterna Trieste e la Venezia lagunare, importante testimone delle vicende narrate, viene descritto senza troppa invadenza o pesantezza.

Un romanzo adatto ai lettori che vogliono immergersi in un giallo diverso dagli altri libri che abbracciano il genere. Il lettore arriva alle ultime pagine e trova non soltanto la soluzione dell’enigma, ma anche la consapevolezza che ogni essere umano debba imparare a convivere con i propri rancori, errori e sensi di colpa, con il proprio “io” tenebroso, accettandolo come una parte di sè.

Andrea Molesini
La solitudine dell’assassino
Rizzoli
2016