Un lungo viaggio, un’andata e ritorno tra Hora, in Calabria, e la Merica. Quello di Jon Leto e della sua famiglia, dei due Carmine in particolare, rispettivamente il padre e il figlio.
Il romanzo di Carmine Abate pubblicato da Mondadori ci riporta indietro di un secolo, a riscoprire come si viveva diversamente in Calabria rispetto ai giorni nostri. Non c’era tempo per divagazioni nell’esistenza di Jon e famiglia. Molti erano costretti a emigrare, come lui stesso e la sorella Franceschina, che se ne andrà però in Australia. A Hora la vita era difficile, il primo a emigrare della famiglia Leto in Merica fu nonno Carmine ai primi del ‘900. Sulla nave Carmine Leto conosce il giovane Andy Varipapa (personaggio realmente esistito, campione di bowling), ne diventerà un amico importante. Tornato a Hora con moglie al seguito, una mulatta dal nome Shirley, verrà poi ammazzato da un committente che non voleva pagargli il lavoro della costruzione di una casa. Da qui Jon è deciso a vendicare la morte del padre partendo per New York, deciso a rintracciare i due micidianti, gli assassini.
Ma è anche la storia d’amore di Jon Leto e Norma Jeane, che tutti noi impareremo a conoscere con il nome di Marilyn Monroe, la femme fatale del secondo dopoguerra. La felicità dell’attesa può ricondursi a quei periodi passati a New York in cui il giovane italiano attendeva il ritorno a Los Angeles per ritrovare la sua amata. “Si ama veramente una sola volta nella vita” le dirà quando già sposato e padre di famiglia. L’amore per Norma Jeane (non per Marilyn Monroe, si badi bene) è quello che porta nel cuore.
Leggendo queste pagine non ho potuto non far andare il pensiero a quei film che raccontano italoamericani, e un amore così forte. Uno su tutti “C’era una volta in America” di Sergio Leone. Certo, lì le cose andarono diversamente. Noodles non riuscì ad amare Deborah, che anzi sposò quello che doveva essere il suo amico fraterno. E poi Jon era un uomo onesto, lavorava duramente in ristorante oppure accompagnava il campione di bowling, nulla a che vedere con rapine e crimini.
Un altro accostamento che mi è venuto spontaneo, ma forse più una coincidenza, è quello tra il Carmine Leto muratore italiano e il padre di John Fante. Quesi scrisse di lui attribuendogli il nome di Molise o anche di Bandini. Ma troppo diverse le due esistenze, quella di Leto e quella di Bandini/Molise.
L’autore scrive un romanzo in cui c’è un continuo andirivieni temporale, e questo può rendere l’esperienza di lettura poco fluida. Non aiuta poi il fatto che oltre a Carmine nonno ci sia anche Carmine nipote, che racconta le vicende di suo padre Jon e dei suoi famigliari. Qualche termine ripreso dalla lingua arbëreshë è invece un elemento distintivo, che infonde un tono “epico” al tutto.
Se devo figurarmi un lettore ideale di questo romanzo, sicuramente una donna dall’animo romantico. Una donna non più giovane, in quanto queste pagine sono intrise di novecento e di quel mito che rispondeva al nome di Marilyn Monroe. Un libro che dovrebbe piacere molto alle nostre mamme.
Autore: Carmine Abate
Titolo: La felicità dell’attesa
Editore: Mondadori
Anno: 2015