Il distacco è definitivamente compiuto. “L’uomo che inseguiva la sua ombra”, quinta puntata della saga di Millennium, seconda firmata da David Lagercrantz, segna una cesura netta con lo stile e le atmosfere del compianto Stieg Larsson.
Dopo il faticoso equilibrio mantenuto in “Quello che non uccide“, in bilico tra la trilogia scritta la Larsson e la necessità di non disorientare i lettori, Lagercrantz si è impossessato dei personaggi: Mikael Blomkvist e Lisbeth Salander. E’ lei l’assoluta protagonista della vicenda, mentre il giornalista resta decisamente in ombra. Come ha dichiarato lo stesso Lagercrantz, in un ipotetico confronto con Sherlock Holmes e Watson, Lisbeth assomiglia al primo e Mikael al secondo: è lei il fulcro di tutta la storia, con la sua intelligenza unica, con la sua vita drammatica, con il suo essere diversa. Una eroina fuori dagli stereotipi, mossa più dall’ansia della vendetta che da quella della giustizia (anche se alla fine, alcune volte, i due fini si sovrappongono).

Lisbeth Salander è in un carcere di massima sicurezza, per scontare una breve condanna. Attorno a lei una struttura carceraria inetta e codarda, che permette alle peggiori delinquenti del Paese, a partire dalla inquietante Benito, di fare il bello e il cattivo tempo dietro le sbarre. Vittima sacrificale della situazione è Faria Kazi, una ragazza del Bangladesh. L’intervento a favore di Faria permette a Lisbeth di accedere a un computer, in carcere, da dove comincia una serie di ricerche dopo la visita ricevuta dal suo vecchio tutore Holger Palmgren. Ora che è venuta in possesso di informazioni che potrebbero aggiungere un fondamentale tassello al quadro della sua tortuosa infanzia, vuole vederci chiaro. Con l’aiuto di Mikael, la celebre hacker comincia a indagare su una serie di nominativi di un misterioso elenco – di un ancora più misterioso Registro per lo studio della genetica e dell’ambiente – che risveglia in lei velati ricordi. Soprattutto quello di una donna con una voglia rosso fiammante sul collo.

Si parla di immigrazione, di esperimenti al limite del lecito, di fantasmi del passato, di gemelli separati. Ma manca la profondità sociologica che aveva caratterizzato i libri di Larsson. Disturba poi che a ogni piè sospinto, Lagercrantz torni indietro per spiegare – quasi per giustificare – quello che ha scritto. Uno stile che appesantisce il dipanarsi della storia e che – appunto – impedisce l’approfondimento.

La scelta di rendere Lisbeth Salander un personaggio nuovo, una sorta di novella 007, le toglie quel fascino che l’aveva resa irresistibile nella trilogia originaria. Come detto all’inizio, il distacco è compiuto: comincia ora una vita nuova per la coppia Salander-Blomkvist. Per apprezzarla, bisogna smettere di fare paragoni con il passato e considerare chiuso il capitolo Larsson. Bisognerà soltanto vedere se Lagercrantz riuscirà a dare un nuovo e diverso spessore ai personaggi, che altrimenti rischiano di diventare banali.

Autore: David Lagercrantz
Titolo: L’uomo che inseguiva la sua ombra
Editore: Marsilio
Anno: 2017