Un libro di grande maestria questo di Joyce Carol Oates. Non a caso l’autrice è ogni anno inserita nella lista dei papabili per il Nobel della Letteratura, come Philip Roth, senza averlo ancora mai vinto.

In questo romanzo l’autrice gioca con gli stereotipi del thriller e al tempo stesso imbastisce un romanzo di genere che regge il confronto con i più nobili predecessori, creando un crescendo di suspense come nella migliore tradizione del thriller americano.

Il protagonista è lo scrittore Andrew J. Rush, «autore di thriller e romanzi del mistero con un tocco di macabro. Un tocco mai eccessivo, sgradevole-volgare o inquietante». Non a caso Rush è dipinto come una sorta di «Stephen King in versione gentiluomo». Persona irreprensibile, ottimo marito e padre di famiglia, ricco e membro eminente di una piccola cittadina rurale del New Jersey.

Come Stephen King utilizzò l’alter ego fittizio Richard Bachman, così anche Andrew J. Rush inizia a sperimentare l’utilizzo dell’alter ego di finzione Jack of Spades. E comincia a scrivere romanzi sotto lo pseudonimo del più rozzo, viscerale, sessista e schiettamente splatter e orrorifico Jack of Spades, finché quest’ultimo, pian piano, non prende il sopravvento.

Il romanzo è ricco di citazioni di altri romanzi, prendendo spunto da una ricca biblioteca di libri rari appartenente a uno dei personaggi che a sua volta scrive thriller. Così, in questo gioco metaletterario, vengono citati La danza della morte di Ambroce Bierce o Un oscuro scrutare di Joseph Sheridan Le Fanu.

Del resto fin dal titolo si evince che questo romanzo sarà una clamorosa parodia. Jack deve morire ricalca infatti quel Misery non deve morire di Stephen King. Ma nel romanzo sono presenti altre citazioni e rimandi illustri: da Il gatto nero di Edgar Allan Poe, al Frankestein di Mary Shelley, fino alla più classica tradizione del doppelgänger, con Dottor Jekyll e mister Hyde in prima fila.

Il tema della parodia, che può sfociare nel plagio, è costantemente presente e s’impersonifica nel personaggio di C.W. Haiden, la strega, che sembra aver già scritto in tempi non sospetti tutte le trame dei thriller pubblicati negli Stati Uniti. Come fosse la fonte degli incubi degli scrittori noir.

Così le due personalità, i due scrittori, Rush e Jake, imprigionati nello stesso corpo, si danno battaglia per avere la prevalenza sulle azioni compiute dal protagonista. È una battaglia che divide anche i capitoli del romanzo e la trama stessa vuol essere indirizzata dalle due diverse entità, che reclamano la propria superiore identità per avere più spazio tra le pagine del romanzo.

Chi avrà la meglio?

A seconda di quale delle due anime sarà la vincente avremo un finale “patetico”, in cui vincono i buoni e dopo il conflitto ci sarà il lieto fine, come nei romanzi di Andrew J. Rush (che in contemporanea alle vicende che leggiamo sta scrivendo Doppia faccia), oppure assisteremo a un finale alla Jack of Spades (come nel suo ultimo lavoro: Flagello): splatter, inaspettato, in cui buoni e cattivi, indistinguibili, si annullano a vicenda in una efferata ecatombe.

Smettila! Sei pazzo? Stai bluffando.
Uno stupido piccolo sotterfugio di Andrew J. Rush. Un tentativo disperato di strappare il finale della storia dalle mani di Jack of Spades…

Al lettore ingenuo, se ancora ce ne sono, il piacere di scoprire il finale dopo essersi fatto irretire dalla tela della trama. Per coloro che sono invece addestrati a “decostruire” la letteratura, anziché limitarsi a godersela o a prenderla per il suo valore emotivo, ci sarà il piacere di scoprire una serie di rimandi a thriller precedenti, che porta, nonostante tutto, sempre a un finale prevedibilmente a sorpresa.

Joyce Carol Oates
Jack deve morire
Jake of Spades
Traduzione di Luca Fusari
Il Saggiatore, 2016