La strada, che fascino.
Il compianto Giorgio Gaber non cantava forse che “la strada è l’unica salvezza“? In “Sulla strada”, Jack Kerouac ci parla di essa, circondata da estesi paesaggi rurali o metropolitani, quale strumento di approdo alla redenzione ma anche alla maledizione. Per non parlare poi dell’importanza storica della strada ne “Il Milione” di Marco Polo come mezzo di contatto con civiltà remote e antichissime.
La strada allegoria della vita, con i suoi inciampi, le sue ripide salite, a volte alternate a comodi declivi. Con la gente che incontri e ne fa un tratto con te e con la gente che, ad un certo punto, ti abbandona. Strada da compiere per forza, magari con le vesciche ai piedi e lo zaino in spalla, non fa differenza se sotto una pioggia che ti inzuppa fino alle budella o sotto un sole che ti cuoce la pelle. Non importa da dove provieni e dove sei diretto.
Poteva la fede non impadronirsi del mito della strada e dei suoi significati? Ecco allora i pellegrinaggi, come quello compiuto da Nicola Artuso nella sua opera autobiografica, destinazione Santiago de Compostela.
Lui, il sopra descritto tema della strada come metafora dell’esistenza l’ha vissuto tutto in prima persona da cima a fondo. In particolare, egli non lo compie quale forma di espiazione dei propri peccati, bensì per trovare il passo perfetto: “un movimento in grado di fare da chiave d’accesso allo stato silenzioso della mente”, l’opportunità di camminare meditando, tenendo “la mente inchiodata al respiro”, senza farsi sopraffare ma solo attraversare dai pensieri, deleteri o meno, siano essi paura di non farcela, ansia, attrazione fisica, rabbia, bisogno di solitudine, commozione soprattutto. I quali, puntualmente, sopraggiungono a “tentare” il “pellegrino” Nicola.
Come ogni passo che lascia la sua impronta sulla terra, ogni esperienza torna utile e, pertanto, proprio perché siamo “solo umani” possiamo superare i nostri limiti lungo la strada; anzi, spesso, non si ha altra scelta che continuare a percorrerla.
Lungo il cammino, la vita cambia senza che ce ne accorgiamo e anche la sofferenza più profonda “che al solo vederla sembra il monolite di Kubrick, se si potesse osservarla davvero da vicino apparirebbe per quella che è: in continuo mutamento”. Nel frattempo, le cose che ci fanno paura possono cessare di avere questo effetto su di noi e apparire per quello che realmente sono: cose che esistono e basta, mentre siamo noi con le nostre vane proiezioni che ingigantiamo quelle stesse cose fino all’inverosimile.
Lo sentiamo particolarmente vicino il nostro Nicola. Come chi scrive (e come, credo, la maggior parte di chi legge), infatti, non è un inarrivabile iniziato, un catecumeno; egli stesso si definisce addirittura ateo! Che però compie un pellegrinaggio… a testimonianza che il tema, profondo e misterioso, della ricerca della propria strada riguarda tutti, non soltanto uno sparuto gruppo di “pochi eletti”. L’utilizzo inoltre di un linguaggio semplice, colloquiale, a tratti ironico, avvicina ancora di più il lettore all’argomento affrontato, chiunque egli sia. O, meglio, non importa da dove provenga e dove sia diretto…
Un libro, insomma, assolutamente da leggere. Almeno per sapere se il nostro autore, lungo la strada, questo fantomatico Passo Perfetto l’abbia finalmente trovato.
TITOLO: IL PASSO PERFETTO – CAMMINO DI SANTIAGO
AUTORE: NICOLA ARTUSO
CASA EDITRICE: IL PRATO
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2014
1 commento
senza nulla togliere alla tua ottima recensione Alessandro, non ho potuto non pensare anche al romanzo “La strada” di McCarthy. In questo caso la strada da percorrere diventa sinonimo di sopravvivenza. Atroce.