Il diavolo veste Zara è la storia autobiografica di Mia Valenti, giovane stilista di talento in ascesa nel mondo dell’alta moda. Ma non solo. É anche la storia di una giovane donna sui trent’anni sottoposta alla pratica sfiancante di assistente di una boss autoritaria, insensibile, sprezzante. La strega cattiva di Biancaneve 2.0, come la definisce Mia.
La storia ha inizio proprio come se si trattasse di una lunga, intima confessione attraverso cui la protagonista sfoga le umiliazioni subite, i compiti degradanti, gli orari selvaggi a cui è sottoposta a lavoro, e che lei stessa continua a subire pur di non perderlo. Il concetto è chiaro: il lavoro è tutto per lei, ed è disposta a tutto pur di tenerlo.
Nonostante questo, Mia vive in uno stato di costante frustrazione, esacerbato dalla sensazione che la vita le scivoli tra le mani mentre passa tutto il suo tempo ad accontentare gli altri, anzi una in particolare: la perfida Veronique Sibilla, la direttrice della maison per cui lavora, quella che l’ha assunta e a cui, in teoria almeno, deve tutto.
Ben presto tuttavia, dopo l’incontro con un misterioso chef che le farà perdere la testa, alcune domande cominciano a diventare sempre più pressanti. Che razza di lavoro è quello in cui tutte le soddisfazioni spettano a qualcun altro? In cui i frutti della tua creatività non portano il tuo nome?
Così Mia deciderà di prendere in mano la situazione e fare di tutto perché le sue capacità, il suo talento e la modernità che lei stessa incarna, armata di iphone, tablet, etc., possano finalmente dare inizio a un nuovo corso, nel lavoro, ma anche nella sua vita privata.
Lo stile asciutto, incisivo e lo spunto autobiografico rende alcune pagine della storia di Mia particolarmente sentite. Certo, il titolo dà l’idea di quanta ispirazione l’autrice abbia preso dal famoso film Il diavolo veste Prada – che viene più volte citato come il film preferito della protagonista. Tuttavia, all’impianto tradizionale della trama “boss cattivo Vs. assistente di talento ma repressa” fa qui da eco il tema dello scontro generazionale, tutto improntato a valorizzare l’importanza delle nuove tecnologie e, in particolare, del nuovo linguaggio social a cui è necessario adeguarsi. Lì sta il nuovo. Ciò che prima era difficile e complesso, adesso, con un solo clic, diventa alla portata di tutti.
Sarebbe sbagliato, dunque, cercare in queste pagine una riflessione più coraggiosa sui social e sul successo effimero che possono portare, nonché sul rischio che intere generazioni cresciute con tablet e cellulare, invece che bambole e disegni, possano rivelarsi incapaci di creare davvero qualcosa. Questo romanzo rosa, per così dire, è tutto al tempo presente. E, del resto, cosa più della moda può insegnare la transitorietà di gusti e tendenze?
Autore: Mia Valenti
Titolo: Il diavolo veste Zara
Editore: Mondadori
Anno: 2015