Il 2020 è stato il Natale dei numeri primi, capace di mettere in disparte il rumore dei multipli: l’anno dei numeri piccoli, quelli che non disturbano, dei numeri solitari.

In queste feste natalizie, scandite da tavole poco apparecchiate e saluti abbozzati, le parole di Erri De Luca, scritte nell’ormai nebuloso 2005, restituiscono una nuova dimensione al valore della solitudine e all’unicità del singolo. L’uno e il due non sono più cifre cariche di tristezza, davanti alle quali storcere il naso, bensì occasioni inaspettate per ripensare a se stessi.

Erri De Luca in Il contrario di uno, edito da Feltrinelli, sembra scegliere ogni parola con l’aiuto di una bilancia: la pesa, la individua tra molte e solo alla fine decide come inserirla negli ingredienti del suo racconto.

In uno stile asciutto, che costringe il lettore frettoloso a riavvolgere lo sguardo e tornare, senza vergogna, sulle parole scavalcate troppo presto, l’autore viaggia avanti e indietro sulla linea del tempo, portando alla memoria eventi e ricordi dai contesti differenti e dai volti sconosciuti. Unico denominatore che lega tra loro queste istantanee di vita passata è il numero degli attori: due.

«Ecco fatto» le dico alla fine del tratto obliquo, «ora si sale dritti, è più facile. Ci mettiamo in fila, la più piccola fila del mondo, due in tutto.

Non ci sono nomi nei diversi racconti che si susseguono, non ci sono specchi in cui vedere riflesso il viso di un conoscente. Eppure l’autore immortala in queste pagine sguardi di donne e uomini tra loro diversi ed estranei, fotografati nel momento preciso in cui l’uno diventa due e si smette per un breve istante di respirare da soli, prima di tornare uno. Non servono allora nomi per costruire la rete dei personaggi di queste storie, ma è il lettore che diventa protagonista in ogni vicenda, cambiando abito e città insieme all’autore solitario.

Anni Settanta, il rumore assordante delle proteste e la paura delle cariche della polizia fanno da cornice al primo racconto del libro, in una spirale di violenza in cui il tempo sembra fermarsi e non esistono distinzioni tra giusto e sbagliato. Acciuffato malamente, sbattuto nel carcere, il due si nasconde inaspettato nei gesti del compagno di protesta, che ti mostra come sopravvivere a quell’orrore e ti porta fraternamente a ricucire le ferite di guerra.

Non vai al pronto soccorso, ma da un medico che aiuta i feriti delle manifestazioni, ti porta lui, l’amico da meno di un giorno, al quale affideresti il tuo paio d’occhi, perché quelli sono giorni in cui va di fretta la fiducia, la lealtà e pure il destino.

Ancora una sommossa. La polizia avanza, due giovani non arretrano, non vogliono lasciare la loro posizione, mentre gli altri manifestanti si ritirano, temendo di venire investiti dalla carica che sta per riversarsi sui ragazzi. Sono attimi concitati quelli descritti da De Luca, dove la polvere della sommossa e la paura dei colpi sono concreti, momenti realmente vissuti sulla pelle dall’autore.

In un secondo sembra dipanarsi la vita intera, in uno sguardo si comprende per la prima volta il significato dell’essere in due. Ma poi tutto scompare nel fumo dei lacrimogeni e non resta che un annuncio mai scritto in cerca di una ragazza sparita troppo presto nel reticolo di strade.

Come il pugno chiuso sollevato nella manifestazione, anche la montagna costituisce lo sfondo delle narrazioni di De Luca, quella parete rocciosa che si erge senza tempo fino al cielo.

Guardo il cielo da bambino, da quando la postina mi disse che a guardare sempre i boschi gli occhi pigliano il verde. Lei ce li aveva neri a forza di leggere gli indirizzi.

Come una salita dove non si scorge la cima se non arrivati in vetta, le storie intrecciate da De Luca disegnano passo dopo passo, parola dopo parola, un percorso di incontri, in cui solo alla fine il lettore è chiamato a riallacciare i nodi delle vicende, a decifrare il significato implicito di quei personaggi incrociati per caso nelle storie narrate. “L’avventura di un solitario che si imbatte nella forma del due”, così definisce lo stesso De Luca il racconto, precisando la sua natura di “rivelazione, non sacra e neppure profana”.

Guardando allora a questo 2020 appena concluso, in cui l’isolamento e la singolarità hanno rappresentato le cifre distintive di un anno difficile e amaro, la lettura del testo di De Luca, Il contrario di uno, lascia spazio per riflettere in modo nuovo e diverso su cosa significhi oggi essere Due, in un momento in cui proprio dal due bisogna difendersi, voltando lo sguardo altrove.

Titolo: Il contrario di uno
Autore: Erri De Luca
Editore: Feltrinelli, Universale Economica
Anno: 2005
Pagine: 115