D. H. Lawrence inizia a scrivere Figli e amanti durante la malattia della madre nel 1911, per poi abbandonarlo e terminarlo soltanto due anni dopo, grazie all’intervento dell’editore e della moglie Frieda.
Non è soltanto il dolore provocato dalla morte della Signora Lawrence a impedirgli di proseguire nella stesura, ma anche la forte componente autobiografica dell’opera che rappresenta un grande viaggio introspettivo per l’autore.
In chiave naturalistica, Lawrence introduce il lettore alla quotidianità della famiglia Morel, che vive a Bestwood, cittadina mineraria nella periferia di Nottingham, che sovrasta le casupole con un paesaggio collinare e maestoso.
Nella prima parte del romanzo, la Signora Morel viene presentata come una donna di particolare bellezza, dagli occhi azzurri ed espressivi, succube della violenza del marito minatore, uomo affascinante e carismatico in gioventù, rabbioso e alcolizzato in età adulta, il quale sperpera gran parte dello stipendio al pub.
“La sua era una mente curiosa e ricettiva, che trovava il suo piacere e la sua gioia nello stare ad ascoltare gli altri. […] Amava le idee e veniva considerata un’intellettuale. Soprattutto le piaceva discorrere di religione, di filosofia o di politica con qualche persona colta. […] Era piuttosto piccola e delicata, con la fronte alta e una cascata di serici riccioli bruni. Gli occhi azzurri erano franchi, onesti e indagatori”.
Condannata a subire l’aggressività del marito, la Signora Morel si rifugia nella religiosità dei suoi pensieri, elevandosi rispetto alla superficialità del mondo che la circonda, relegandosi a una triste solitudine, che le darà la forza di crescere i suoi primogeniti maschi William e Paul, come uomini amorevoli, sensibili e onesti.
“Il bambino divenne lo scopo della sua vita, e il padre ne fu geloso. Infine la Signora Morel giunse a disprezzare il marito. Si dedicò tutta al figlio, allontanandosi dal padre. […] Un uomo senza carattere, si ripeteva lei con amarezza, un impulsivo, un incostante. Dietro la facciata, non c’era nulla”.
Figli e amanti è considerato un classico della letteratura inglese del Novecento. Lawrence costruisce la psicologia dei personaggi servendosi di alcuni fondamenti della psicanalisi, come il complesso di Edipo sviluppato da Freud e da Jung. Da quest’ultimo, Lawrence utilizza la teoria della proiezione per delineare un tratto caratteriale importante di Paul Morel, protagonista indiscusso della seconda parte del romanzo.
Paul cresce ereditando il ruolo di uomo di casa, dopo la morte del fratello William.
“Tutta la sua ambizione, per quanto riguardava la vita pratica, era di guadagnarsi i suoi trenta o trentacinque scellini alla settimana andando a lavorare non tanto lontano da casa, e poi, quando fosse morto il padre, prendersi una casetta con la madre, dipingere, andare e venire a suo piacimento, vivere per sempre felice”.
Quando Paul diventa adolescente e scopre l’attrazione per il sesso opposto nell’amicizia con Miriam, si trova incapace di amare, perché la madre detiene un forte potere sulla sua esistenza conscia e inconscia.
Di questo incolpa Miriam, personaggio spirituale, intellettuale, ambizioso e smanioso di rendersi indipendente dalla famiglia contadina e chiusa. Le pulsioni sessuali sono evidenti tra i due in bellissimi passaggi descrittivi del romanzo, ma Paul incolpa la ragazza di non lasciarsi a lui completamente, quando è il protagonista stesso che fatica a dichiarare i propri sentimenti.
Anche quando riuscirà a spostare le attenzioni di Paul verso un’altra donna, la sensuale, pragmatica e rivoluzionaria Clara Dawnes, la Signora Morel continuerà a temere il legame saldo e intenso tra il figlio e Miriam. La donna si rivede nella sua più temuta avversaria: entrambe sono esseri spirituali, religiosi, immuni alla frivolezza e alla volgarità altrui.
“Miriam era la sua coscienza, e in un certo senso gli pareva di avere una coscienza troppo grande per lui. Non poteva lasciarla perché in un modo o nell’altro lei aveva la sua parte migliore, ma non poteva restare con lei perché lei non poteva accettare l’altra parte, e cioè i tre quarti di lui. E così si sentiva atrocemente infuriato contro di lei”.
Il dualismo è l’elemento chiave del romanzo, che parte proprio dal titolo e attraversa ogni fase importante della vita del protagonista: la corporeità del padre e la religiosità della madre, la sensualità del corpo di Clara, che lo inizia al rapporto sessuale, e la delicatezza d’animo e ascetismo di Miriam, che lo inizia alla ricerca della propria identità.
Questo contrasto va e viene in maniera incostante: quando Paul diviene uomo e riceve quell’appagamento tanto agognato del corpo di Clara, si allontana non solo da Miriam, ma anche dalla madre, entrambe detentrici di un amore soltanto platonico, e la figura del padre riaffiora tra le pagine, questa volta meno primitiva e rozza, più umana e accondiscendente.
Corpo e anima non possono vivere separati e la vita di Paul Morel non prevede questa coesistenza. Anche l’appagamento fisico dato dalla relazione con Clara, quindi, è destinato a finire.
Nel romanzo è presente anche un’insistente connessione tra donna e Natura: vivide immagini in cui le protagoniste femminili partecipano a un’unione mistica con i fiori, respirano il loro profumo, si sporcano il viso del loro nettare.
Paul Morel è soltanto uno spettatore della comunione tra donna e Natura e questo lo porta a sopraelevare la madre a forza divina, detentrice dell’amore assoluto.
Consiglio Figli e amanti a chi desidera immergersi nella lettura di un classico che è anche romanzo di formazione e a tratti filosofico. Un’opera ricca di legami umani profondi e complessi e che spingono il lettore a riflettere e a interrogarsi sul significato di amore e identità.
Autore: D.H. Lawrence
Titolo: Figli e amanti
Editore: Garzanti
Traduzione: Paola Francioli
Pagine: 516
Anno: 1968