In attesa che il 22 ottobre esca il film tratto dal suo penultimo libro Io che amo solo te, Luca Bianchini si gode il successo di questo suo ultimo romanzo: Dimmi che credi al destino.
Regista del film è Marco Ponti, amico di Bianchini dai tempi dell’università, regista di culto dal suo esordio cinematografico, quel Santa Maradona scolpito nell’immaginario collettivo di un’intera generazione. In quel film tra l’altro Bianchini faceva il commesso di una libreria, compare per qualche secondo, per essere mandato al diavolo da una cliente.
Per Dimmi che credi al destino prevedo invece, oltre al destino di diventare un film, anche un altro scenario futuro. Prevedo infatti i tour organizzati e i lettori appassionati che ricercheranno i luoghi descritti nel romanzo. L’Italian Bookshop di Londra, dove il romanzo è ambientato, la panchina dove siede Mr George per leggere Calvino, la casa di Ornella, la protagonista, che tenta in tutti i modi di salvare la libreria che dirige, la casa della signora Phillida, il pub di Amy Winehouse ecc. ecc.
Questo perché come accenna Bianchini nelle avvertenze poste nel colophon «La vicenda e i personaggi descritti in questo romanzo sono piuttosto inventati». Un modo come un altro per dire che sono reali. Infatti il romanzo si chiude con quattro pagine di ringraziamenti nei quali si evince che la protagonista è Ornella Tarantola e la comprimaria di questa coppia di novelle Thelma & Louise, è Patti Reed.
Tutto vero quindi e tutto rigorosamente romanzato.
Ma cos’è il destino per Luca Bianchini? Ce lo illustra per ben due volte nel corso del romanzo, sempre riferendosi al rapporto tra Ornella e il suo vicino di casa, Mr Bernard:
«È la sottile differenza tra caso e destino, e credere all’uno piuttosto che all’altro dice molte cose di te: se sei romantico, cinico o disilluso»
perché…
« Il destino è quella porta socchiusa da cui ogni tanto puoi sbirciare. E allora capisci che nulla avviene per caso e che tutto ha un senso, anche quando sembra non averlo».
Questo è un esempio della capacità di Bianchini di dire cose profonde con leggerezza. Riesce anche ad affrontare temi molto spinosi, come la morte e la droga e l’eutanasia e l’omosessualità, sempre con questa insostenibile leggerezza e freschezza. Per cui il romanzo risulta una piacevole lettura, che dona anche innumerevoli gemme di saggezza che divengono spunti per pensare e approfondire.
Numerosi sono anche i personaggi, tutti ben caratterizzati e inseriti come perfetti meccanismi di un plot ben congegnato. Non ci sono macchiette, o comparse, niente personaggi flat, ma solo personaggi a tutto tondo, round, che interagiscono tra di loro creando una perfetta sinfonia di situazioni ed eventi ben modulati. Perché il destino di un romanzo è il suo narratore.
Una piacevole lettura insomma, in attesa di dirimere l’ennesima annosa questione, ovvero se è meglio il romanzo o sarà meglio il film e in attesa di percorrere Londra, alla ricerca dei luoghi perduti.
Luca Bianchini
Dimmi che credi al destino
Mondadori
Anno 2015