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Benedizione – Kent Haruf

Benedizione_Kent Haruf

Il primo capitolo potrebbe essere un racconto perfetto. Nitido. Essenziale. Pieno di lentezza e di silenzio. Potrebbe essere preso e messo in una raccolta di racconti. La vita di un uomo in tre pagine essenziali.

Una sola parola, infatti. Essenziale.

Con non so quale magia Kent Haruf riesce a inchiodarti nella lettura. Forse è quella sensazione che debba succedere qualcosa. La stessa che sentiamo nella nostra vita. Che debba accadere qualcosa di eclatante, di risolutivo. Mentre quello che deve accadere, l’irreparabile, lo sappiamo fin dall’inizio. Eppure continuiamo sonnambuli a seguire questo ritmo ipnotico.

Kent Haruf ha trovato il segreto del grande narratore. E non se ne compiace, ma lo usa con sapienza. Lo nasconde quasi. E se dovessi analizzarlo e trovarlo, questo segreto della scrittura, Santo Gral delle lettere, risulterebbe impossibile. Nascosto tra le parole. Crea questo effetto nell’insieme unico.

I personaggi di Haruf sono teatrali. Sembrano recitare il copione prestabilito delle loro effimere esistenze. Muovendosi sicuri nei loro automatismi sociali, come in istantanee che risultino emblematiche scene di quadri di Hopper. La loro esistenza è legata alla provincia, dove tutto cambia senza cambiare mai.

Sunday – Edward Hopper

La staticità, priva di trascendenza, di certi quadri di Hopper, dai quali traspare tutto il dramma della solitudine umana. Così diversi dalle tele di Rembrandt, con quelle luci al tempo stesso crudeli e misericordiose, che spiovono a indorare il brulicame della nostra buia miseria. Siamo soli sul cuore della terra, senza neanche quel raggio di sole.

Per quanto ci si affanni nelle veglie attorno al morente, l’uomo muore da solo.

Ce l’ha detto Schopenhauer, ce l’ha detto Tolstoj attraverso Ivan Il’ič. Lo ribadisce, potentemente, Kent Haruf in Benedizione.

Per alcuni versi ricorda Mentre morivo di Faulkner. Per la coralità. Per l’aria di morte che aleggia tra le pagine, donando un’altra profondità, un’aria sacrale in cui ogni gesto quotidiano diventa rituale e ieratico.

Scene che solo Kent Haruf. Dad sta per morire, questo romanzo è il suo ultimo mese di vita. Dad si fa portare dalla moglie Mary e dalla figlia Lorraine, per l’ultima volta a vedere il suo negozio di ferramenta. Davanti al negozio vede uno dei commessi che parla con un uomo e si commuove. Perché?

«Prima, davanti al negozio, quando mi sono messo a piangere. Ecco perché sono crollato. Era la mia vita quella che stavo vedendo. Quel piccolo contatto tra me e un’altra persona, una mattina d’estate, dietro il bancone. Scambiare due parole. Tutto qui. E non era niente».

Ecco cos’è la vita. Un’abitudine. Che spesso, se non sempre, diamo per scontata. Ecco cos’è la morte.

Tutto è già successo, è accaduto. Sul liminare dell’ultimo viaggio occorre rimembrare. Tirare le somme del passato perché non venga tralasciato niente e l’anima leggera possa traghettarsi oltre la vita.

Così Dad ricorda il garzone che l’ha derubato, ricorda sua moglie e la sua strana proposta. Ricorda il figlio Frank, che se n’è andato per sempre. Ricorda Dad, ricorda. Di ricordo in ricordo la zavorra si assottiglia e la vita può scivolare via. Come un pallone aerostatico, che leggero fluttui nel cielo vuoto.

E la vita! La vita! C’è tutta la pienezza della vita. Con le gioie, i dolori, la serenità, il sesso, le passioni, i risentimenti, l’astio, le pulsioni, l’odio e l’amore, tutto. Tutta la vita e la vitalità possibile. Di un piccolo paese di provincia e dell’universo. Tutta la vita che è trascorsa attorno a un uomo che sta per morire.

Così si susseguono fatti emblematici della vita di Dad. Narrati nella loro essenzialità, perché divangano una sorta di parabole senza morale. Dove ciò che accade è ciò che è e basta. E così sia. Una storia dell’umanità, narrata da Holt, da un piccolo paese di provincia, che si è ripetuta e si ripeterà, nei secoli dei secoli.

Per via dei paragoni si sono nominati Cormac McCarthy e Richard Ford. Forse sarebbe da scomodare anche Raymond Carver. O forse no. Kent Haruf è Kent Haruf. Per certi versi superiore, per altri unico.

Un’ultima cosa. Sbrigatevi, ve ne prego, NN Editore, a pubblicare gli altri due romanzi della trilogia. Questione di vita o di morte, per un lettore che ha appena scoperto Kent Haruf e già ne ha fatto un’abitudine.

Kent Haruf
Benedizione
Benediction
Traduzione di Fabio Cremonesi
NNE
2015

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