“Un attore come lui non doveva scendere a recitare in strada per mancanza di un teatro, come anelando un palcoscenico che non poteva più avere. Un attore come lui doveva scendere in strada perché la strada era un teatro più efficace e più emozionante. Era la vera sfida di quei tempi convulsi.”
L’ultima fatica di Wu Ming, collettivo di poliedrici scrittori bolognesi noto un tempo con il nome di Luther Blissett, dopo l’excursus americano di Manituana (primo romanzo del cosiddetto Trittico Atlantico) e il ritorno agli scenari di Q con Altai, è dedicata alla Francia degli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione dell’89, ovvero alla Francia che vive la seconda fase della Rivoluzione, quella giacobina, che si trasformerà poi in Terrore.
Wu Ming ci ha abituati, in un percorso ormai ventennale, a considerare la Storia come il vero protagonista dei suoi libri, pur presentandocela nell’intreccio di tante storie, attraverso il filtro della prospettiva di personaggi indimenticabili come quelli che troviamo in Q o in 54.
Questa intuizione, tuttavia, si è andata forse un po’ appannando con il tempo, lasciando che lo spazio delle storie da raccontare (o “asce da disseppellire”, come le descriveva lo stesso collettivo anni fa) venisse eroso da una rappresentazione talvolta manieristica della coralità.
L’Armata dei Sonnambuli non fa eccezione, eppure, specialmente nei suoi capitoli più riusciti, riflette ancora chiaramente la volontà di raccontare qualcosa che non possiamo trovare né sui manuali di storia, né nella pura finzione narrativa. Un territorio di mezzo, in cui Wu Ming cerca di stringere in un solo nodo testimonianze storiche dirette e immaginazione, facendo rivivere, sullo sfondo di una Parigi ormai perduta, sensazioni, emozioni e pensieri di chi la Rivoluzione l’ha effettivamente vissuta, pur senza esserne il protagonista.
Robespierre, Marat, Saint-Just lasciano così il posto a Leonida Modonnesi, detto Léo, lo scapestrato attore di origine italiana che decide di abbandonare il teatro per calcare le scene della vita con la maschera di Scaramouche, e a Marie Nozière, la sarta che proviene dal foborgo giacobino di Sant-Antoine e che lotta per il riconoscimento delle donne come cittadine a tutti gli effetti. O, ancora, a Orphée D’Amblanc e il suo “fluido” con cui è capace di curare gli scompensi dei malati ma non se stesso e le ferite che ancora gli bruciano nell’animo.
Il sonnambulismo, le teorie di Mesmer sul fluido magnetico che collega i corpi di tutti gli esseri viventi e questi con la natura stessa imperversavano nei salotti della nobiltà e negli ambienti intellettuali prima della Rivoluzione. Semplice suggestione, avevano dichiarato alcuni. Eppure, questa è la chiave fondamentale che Wu Ming ci offre per decifrare una delle complesse trame della Rivoluzione francese. E al volto buono del magnetismo, rappresentato dal sofferente dottor D’Amblanc, si oppone il volto oscuro, quello di Auguste Laplace, un misterioso esperto di magnetismo e sonnambulismo che si nasconde nell’ospedale psichiatrico di Bicêtre, dedicandosi alla discutibile attività di indurre uno stato di sonnambulismo nei malati psichici piegandoli al suo volere.
É possibile controllare e piegare la mente? É possibile indurre qualcuno contro la sua volontà a commettere azioni anche di tipo violento, a commettere il male? Queste le domande che, infine, portano a scoperchiare il vaso di Pandora. Da un lato c’è il mistero della mente umana, dall’altro, la giovane Repubblica di Robespierre, l’incorruttibile, in cui alla paranoia controrivoluzionaria fa da controcanto Madama Ghigliottina. Il Terrore, e poi la fine, non può che essere alle porte.
Autore: Wu Ming
Titolo: L’armata dei sonnambuli
Editore: Einaudi
Anno: 2014