“Ciudad Habana era sempre la città più meravigliosa della via lattea. Come una donna straordinaria la potevi sorprendere a qualunque ora, coi capelli spettinati, in vestaglia, senza trucco, e lei ti restituiva un sorriso di sbieco che declinava la sua divinità e la tua distanza dal cielo.”

Ho voluto prendere a prestito, nel totale imbarazzo della scelta, queste parole di Alessandro Zarlatti per rappresentare la sua ultima opera letteraria “Alcune strade per Cuba”, edita da Ouverture Edizioni. L’autore, che vive stabilmente a Cuba ormai da alcuni anni, ci rivela un intenso sentimento e una profonda conoscenza per la sua terra d’adozione, con la sua gente cordiale e sorridente, con i suoi colori sgargianti ma anche con i suoi numerosi lati oscuri, dove, di colore, non v’è traccia.

Ma, attenzione: l’opera, costituita da 15 racconti, non è una guida turistica per italici buontemponi alla ricerca di sesso facile e di colossali bevute, piuttosto una lettura che sottintende il viaggio non come banale spostamento geografico ma come un percorso che, inevitabilmente, si compie, prima di tutto, dentro noi stessi. Lungo il quale finisci per sentirti inaspettatamente attaccato alla vita, quasi fosse il ramo di un enorme albero da cui pendi e da cui provi una terribile paura di cadere.

Cuba non può che essere l’approdo ideale di questo itinerario interiore: è un’isola e, come tale, raggiungibile attraverso infinite rotte; è significativo, infatti, l’uso dell’aggettivo “alcune” nel titolo, a testimonianza del ruolo dell’autore come di “mero proponente” di “alcune strade”, come a dire di alcune scelte di vita, di alcune possibilità; come a spingere ogni lettore a trovare con coraggio la propria strada (vedasi anche l’utilizzo della preposizione “per” ad indicare movimento verso un obiettivo, una meta). Con una convinzione di fondo:

“La vita ha mani lunghissime, lunghissime e forti, che ti raggiungono ovunque tu ti vada a rifugiare”.

Ma Cuba è anche luogo di rivoluzione: perché talora capita di dover combattere per difendere le proprie scelte, e perché, a volte, l’unico modo per trovare la propria strada è perderla, sconvolgendo quell’ordine immutato che sa di oppressione e di schiavitù; trasformando così un passato che sovente torna a galla per turbare il nostro fragile equilibrio ma dal quale dobbiamo sforzarci di vivere liberi.

“Vivi e basta a te stesso” sembra volerci suggerire Zarlatti. Smettendo di cercare di capire quello che è incomprensibile, come quando un destino avverso si fa beffe della nostra volontà accanendosi contro di noi e come l’oceano che circonda Cuba percuote impetuoso le rive della nostra vita; la forza e la determinazione sono le uniche armi che abbiamo a disposizione per contrastarne i marosi, da adoperare senza perdere tempo.

Ecco, il tempo. È nei confronti del suo scorrere inesorabile che ci riveliamo davvero inermi. Mentre percorriamo la strada che abbiamo ritenuto essere la migliore, talvolta fermandoci a domandarci cosa ne sarebbe stato se avessimo preso un’altra direzione (consapevoli che “solo nei libri gli enigmi avevano una soluzione giusta e le altre sbagliate”) il tempo fa il dispettoso: a tratti sembra che, immutabile, ci lasci per chissà quanto ad attendere il nostro turno; altre volte passa più velocemente del previsto, stendendo sulle nostre vite un velo di rimpianto e di malinconia.

Le storie cubane di Sammy il meccanico, di Aldo il poeta con il mal de vivre, della coppia Ariel e Judit dedita alla prostituzione e all’uso di cocaina, di Marcello il giornalista italiano con i suoi preconcetti, ecc., sono insomma uno spaccato delle loro esistenze. Che finiamo però per sentire non così lontane dalle nostre, facilitati in questo dall’utilizzo nel corso della narrazione sia della prima (ad esaltarne il profondo tratto autobiografico) che della seconda che della terza persona singolare, a seconda delle necessità.

Infine, una particolarità: ogni racconto è preceduto da un pensiero dell’autore relativo ad una bevanda alcolica che Cuba ha reso famosa. Come se la storia che sta per narrare fosse condensabile in un gusto agrodolce, a tratti amaro che in fondo è quello delle nostre vite; è quel sapore che spasmodicamente ricerchiamo e che poi ci appartiene, lasciandoci alla fine a volte euforici, a volte soli.

TITOLO: ALCUNE STRADE PER CUBA
AUTORE: ALESSANDRO ZARLATTI
CASA EDITRICE: OUVERTURE EDIZIONI
ANNO PUBBLICAZIONE: 2014