Se una persona mi chiedesse quale è la prima cosa che mi viene in mente pensando alla parola diamante, sicuramente risponderei Colazione da Tiffany. Forse è una banalità, forse uno stereotipo, ma subito mi balza alla memoria questa frase:
Tiffany… È una meraviglia, vero? Capisci cosa intendo quando dico che niente di brutto può accaderti qui? E non è per i gioielli, che a me non piacciono, tranne i brillanti s’intende…
Mi sembra quindi giusto cominciare quest’articolo, che come avrete già capito riguarda i diamanti, con questa citazione. In particolare l’articolo si propone di esaminare con quale valore è impiegato il termine diamante in letteratura. Cosa intendiamo noi moderni con diamante e cosa gli antichi?
I diamanti sono sicuramente famosi per la loro luminosità, per la loro purezza e per il loro splendore, oltre che per il loro costo, si intende. So che ciò che segue potrebbe non centrare molto, ma ho trovato molto curioso il fatto che la stilista inglese Debbie Wingham abbia realizzato una serie di abiti da sera, tutti di colore nero e ricoperti ciascuno da cinquanta diamanti neri di due carati, dal peso di tredici chili e dal costo di tre milioni di euro l’uno! Ma, come ci ricordano anche due pericolosi prigionieri fuggiti dalla prigione di Pentonville a Londra grazie a una lama rotante taglia metalli, fatta cadere da un drone nel cortile del penitenziario e con cui hanno segato le sbarre della cella, i diamanti sono anche tra i minerali più resistenti.
Dal punto di vista etimologico-passiamo a cose un po’ più serie-il termine deriva infatti dal greco adamas ed indicava il magnete, il ferro durissimo, l’acciaio. Adamas deriva infatti dal verbo damao, che significa “io domo”, con l’aggiunta del prefisso privativo a. Adamas indica quindi “una cosa che non si doma, l’indomabile”, e il termine caratterizza il diamante per la sua durezza eccezionale.
Nella Naturalis Historia (XXXVIII, 55-57) Plinio Il Vecchio descrive le caratteristiche del diamante in relazione alla sua etimologia, evidenziandone tale caratteristica:
L’adamante fra le cose umane, non solo fra le gemme, ha il massimo valore; a lungo conosciuto solo da re, e solo a pochi di essi…. La durezza è indicibile, e ugualmente la natura vittoriosa dei fuochi e che non si scalda mai, e da lì prese il nome, con il significato greco di forza indomita.
Anche in Zaccaria 7, 11-12 il diamante viene citato per descrivere la durezza e l’impenetrabilità del cuore degli uomini, ciechi di fronte alla parola di Dio:
Ma essi rifiutarono di ascoltare, voltarono ostinatamente le spalle e si turarono gli orecchi per non udire. Resero il loro cuore come il diamante, per non ascoltare la legge e le parole che l’Eterno degli eserciti mandava loro per mezzo del suo Spirito, attraverso i profeti del passato. Così ci fu grande indignazione da parte dell’Eterno degli eserciti.
Nell’Ode 24 del terzo libro Orazio impiega invece il termine adamans in riferimento al Fato ineluttabile e alla necessità della morte.
O tu che sei ricco più degli intatti tesori dell’Arabia e della preziosa India, e ti prendi la licenza di occupare con i tuoi fabbricati cementizi ogni terra e ogni tratto di mare: se il crudele Destino con le sue clave adamantine s’abbatterà sui sommi vertici dei tuoi palazzi tu non sottrarrai il tuo animo al terrore e il tuo capo ai lacci della morte.
Alla corruzione del secolo e alla precarietà delle ricchezze Orazio contrappone i chiodi solidi e infrangibili della Necessità, del decreto immutabile del Fato.
Il termine adamante è impiegato in italiano nella lingua poetica e letteraria. Mentre gli autori antichi, greci e romani, ricorrevano spesso al termine adamante in riferimento alla sua durezza, ai nostri giorni il termine diamante è impiegato in letteratura principalmente in relazione alla sua lucentezza e luminosità.
La prima testimonianza scritta della parola diamante compare nel sonetto XI di Giacomo da Lentini, nato circa tra 1233-1240 e vissuto alla corte di Federico II di Svevia.
[D]iamante, né smiraldo, né zafiro,
né vernul’altra gem[m]a prezïosa,
topazo, né giaquinto, né rubino,
né aritropia, ch’è sì vertudiosa,
né l’amatisto, né ‘l carbonchio fino,
lo qual è molto risprendente cosa,
non àno tante bel[l]eze in domino
quant’à in sé la mia donna amorosa.
Il termine diamante è qui impiegato in relazione al suo valore spirituale, quale simbolo di purezza, fedeltà e virtù. La bellezza della donna amata e lodata nella poesia supera però tutte le proprietà dei minerali citati, primeggiando per virtù e bellezza.
In questa rassegna di testi non può ovviamente mancare la Divina Commedia! Nel secondo libro del Paradiso, spinti dal desiderio di giungere all’Empireo, Dante e Beatrice procedono verso l’alto e ascendono al I Cielo della Luna, dove l’attenzione del poeta è subito attirata dall’aspetto dell’astro. Beatrice intuisce la meraviglia di Dante e lo invita a ringraziare Dio di averlo fatto salire in quel Cielo: esso appare al poeta come una nube spessa e splendente, simile a un diamante illuminato dal sole.
Parev’ a me che nube ne coprisse
lucida, spessa, solida e pulita,
quasi adamante che lo sol ferisse.
Dante impiega quindi il termine adamante descrivendone la durezza (spessa, solida), ma enfatizza poi la luminosità del minerale colpito da un raggio di sole. Sarà proprio la luminosità dei cieli, e la bellezza sempre più splendente di Beatrice e delle anime beate, a segnare la progressione spirituale di Dante fino alla fulgida luce di Dio.
Anche nell’ode Alle fonti del Clitunno è impiegato il termine adamante con lo stesso valore: viene ricordata la durezza del minerale, ma ciò che colpisce maggiormente sono i suoi riflessi. Nell’ode rispende vivida la fedeltà alla tradizione classica, intesa da Carducci come stimolo al rinnovamento socio-culturale, ma adattata ai bisogni della modernità. Il poeta descrive il paesaggio umbro, in cui il fiume canta il ricordo nostalgico del grande passato classico e le storie della grandezza dell’impero umbro, etrusco e romano. I canti del trionfo passato sono ora però svaniti, e tutto è silenzio: nella limpidezza dell’acqua sono visibili i riflessi dei fiori della foresta, riflessi freddi come il duro diamante.
E di zaffiro i fior paiono, ed hanno
dell’adamante rigido i riflessi,
e splendon freddi e chiamano a i silenzi
del verde fondo.