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Cosa leggiamo quando leggiamo l’Eneide

Eneide

Leggendo, vi siete mai chiesti che testo avete di fronte, chi gli ha dato la forma che ha adesso e se ogni parola è quella che è stata effettivamente scelta dall’autore?

Non abbiamo a disposizione i testi originali degli autori greci e romani. Non abbiamo il testo dell’Eneide scritto da Virgilio né quello delle tragedie scritto da Euripide. Allora, di chi è il testo che è giunto fino a noi? Come è possibile risalire all’originale?

Prima di tutto, dovremmo chiederci: è mai esistito un originale? Come scrivevano gli antichi e come diffondevano al pubblico dei lettori colti le loro opere?

Il processo di elaborazione dei testi antichi era lungo e articolato. Spesso gli autori, dopo aver scritto un testo, lo facevano circolare nella cerchia degli amici più stretti e, solo dopo essersi confrontati con loro, redigevano un nuovo testo. Questo, tuttavia, non era definitivo: dopo una prima circolazione dello scritto (o anzi seconda, se si pensa alla versione del testo fatta circolare tra gli amici), l’autore poteva avere dei ripensamenti e cambiare delle sezioni dell’opera.

In molte lettere, Cicerone prega l’amico Attico di inseguire gli esemplari dei suoi testi per apportarvi correzioni, che tuttavia si sarebbero potute fare solo in una parte esigua delle copie dei suoi scritti. Il libro non era percepito come un’entità chiusa e completa, ma era soggetto a un continuo lavoro di elaborazione, che determinava una pluralità di copie diverse nel commercio librario. La “pubblicazione” era comunque limitata a causa della difficoltà e del costo da sostenere per la produzione della copia del testo, e un vero e proprio commercio librario si sviluppò solo più tardi.

Oltre al concetto di originale, spesso è lo stesso autore a sfumare nel vago. I trattati di Aristotele giunti fino a noi possono essere considerati come degli appunti di studio o per le lezioni che gli studenti risistemarono in un secondo momento. Anche i testi delle commedie e delle tragedie erano spesso soggette a modifiche da parte degli attori, che in alcuni casi si sono sostituite alla versione originale.

Dunque, considerata la diversa percezione dell’opera antica e le problematicità ad essa legate, che testo è giunto fino a noi? Compito del filologo classico è quello di porsi tali domande e di cercare di ricostruire un testo il più fedele possibile alla volontà dell’autore.

Nel corso dei secoli le opere classiche sono state copiate a mano per essere conservate e studiate. I poeti alessandrini del III-II secolo a.C. hanno raccolto nella biblioteca di Alessandria d’Egitto un patrimonio letterario enorme. In alcuni casi sono riusciti a recuperare e conservare solo una copia di ogni testo; in altri casi, avendo a disposizione più copie di una stessa opera, hanno confrontato i diversi testi, conservando quello che ritenevano più fedele all’originale e segnalando le sezioni di testo che ritenevano dubbie o spurie.

L’avvento dei Romani ha determinato lo spostamento del sapere alessandrino a Roma: in questo passaggio molte conoscenze, soprattutto scientifiche, sono andate perdute, molte altre si sono conservate giungendo nei monasteri medievali. Dopo un periodo buio e critico per la cultura classica, con l’avvento dell’Umanesimo si è sviluppata una vera e propria ricerca dei manoscritti, che venivano copiati e messi nuovamente in circolazione.

Il processo di copia genera nel testo una quantità notevole di errori rispetto al testo originale, e tali variazioni sono in alcuni casi difficilmente risolvibili. I testi degli autori classici che possediamo sono quindi il risultato di continue modifiche e interpretazioni, che si sono tramandate nel corso dei secoli e che si sono fissate con la prima edizione a stampa dello scritto. Il lavoro del filologo riesce, in alcuni casi, a correggere tali errori e a riportare il testo a un maggior grado di originalità.

Anche al giorno d’oggi si incontrano problematiche simili. Il rapporto tra Raymond Carver e il suo editor Gordon Lish è noto. La revisione di Lish è talmente ampia e radicale da produrre un nuovo testo, ponendo il problema della sua originalità. L’uso del computer e la stampa riducono certamente i rischi e le modifiche subite dai testi classici, ma generano altri tipi di problemi.

Quando si legge un testo classico bisogna quindi avere la consapevolezza della sua storia e del suo viaggio attraverso i secoli. Ma ancora di più bisogna essere consapevoli che ciò che è giunto fino a noi è solo una piccola ma eterna scintilla di una produzione che doveva essere molto ampia e, forse, in parte diversa.

Tra tutti i libri che ci sono in libreria e che circolano online, quanti sopravvivranno all’oblio dei secoli e quali saranno conservati? Cosa leggeranno di noi le generazioni future?

 

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