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Gli Oscar Mondadori cambiano abito

Oscar Mondadori Lefloft

Secondo Calvino, «d’un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima», e «un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire». Insomma, per rielaborare un famoso detto così che faccia al caso nostro, «un classico è per sempre».

Ma se i classici non hanno età e non mostrano i segni della vecchiaia, non vale altrettanto per le vesti che indossano: i libri, intesi nel senso più concreto del termine. Mondadori si è accorta del paradosso e ha avviato un programma di restyling e rebranding di una delle più grandi intuizioni della storia dell’editoria italiana moderna, che altri grandi editori avrebbero poi emulato: gli Oscar Mondadori, la prima collana tascabile lanciata nelle edicole del bel paese.

Con gli Oscar, Mondadori si spogliava per la prima volta della veste ricca che aveva sempre cucito intorno ai propri volumi, e offriva al grande pubblico una grandissima varietà di libri in edizioni certo curate, ma economicamente competitive. Lo faceva ispirandosi alle popolarissime edizioni inglesi della Penguin, di cui mutuò per i primi tascabili il colore arancio dedicato alla narrativa.

Oggi il mercato del libro è in crisi e le case editrici hanno bisogno, ora più che mai, di presentarsi al pubblico con un profilo riconoscibile e un’identità forte. Questa necessità e questo scopo hanno mosso il progetto di rinnovamento grafico delineato dallo studio di design Leftloft per l’editore milanese: un progetto che riguarda al momento sei collane del catalogo Oscar Mondadori.

In un’intervista del 27 luglio per il Giornale della Libreria, Luigi Belmonte, direttore editoriale degli Oscar, ha spiegato come la collaborazione tra Mondadori e lo studio Leftloft abbia innanzitutto mirato a una semplificazione di una struttura ormai antiquata, basata su un grandissimo numero di volumi raccolti in diverse collane e realizzati in una ampia gamma di formati: una struttura ormai poco compatibile con le nuove caratteristiche del mercato del libro. Il processo di restyling grafico si è sviluppato all’insegna di un «recupero dell’unità di stile nella diversità delle collane» unito all’«esaltazione dell’identità dei singoli titoli», con un occhio di riguardo rivolto proprio ai classici.

Così com’era stato fatto nel 1965, all’atto di nascita della collana, anche oggi gli Oscar Mondadori intendono cucirsi addosso una veste affine ai lettori che incontreranno. E ai non-lettori che cercheranno di sedurre. La parola-chiave? Modernità.

Andrea Braccaloni, fondatore e direttore creativo di Leftlot – che come Luigi Belmonte ha recentemente rilasciato un’intervista per lo stesso Giornale della Libreria – ha specificato che l’idea fondamentale, condivisa dalla casa editrice e dallo studio di design, sinergicamente unite in un continuo scambio di opinioni e competenze, è stata quella di mantenere il carattere “pop” dei vecchi Oscar, rendendoli però più «invitanti, quasi chiassosi», e operando «in termini di differenziazione sullo scaffale» e sull’«esigenza di distinguere gli Oscar dalle edizioni “concorrenti” che il lettore può trovare in libreria».

Se i neonati Oscar dell’ideatore Vittorio Sereni avevano debuttato nelle edicole proponendo in copertina i caratteri bastoni tipici delle pubblicità e dei giornali, e immagini ispirate alle locandine dei film, gli epigoni di Belmonte puntano sull’«impostazione asimmetrica del lettering» e su una cromia d’impatto. Colori vivaci, dunque, e forti contrasti. E insoliti «tagli della copertina», proiettati ad ampliare i confini degli Oscar nello spazio, ad accentuarne la tridimensionalità, a renderli «memorabili»: perché «il taglio introduce e affascina, dà respiro, incuriosisce. E soprattutto non incide sul costo di produzione». Insomma, un grande progetto che concilia economia e cultura, tradizione e innovazione: come al lungimirante fondatore, Arnoldo Mondadori, sarebbe piaciuto.

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