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La routine quotidiana dei grandi scrittori – Brain Pickings

Brain-pickings

“Uno scrittore che attende sempre il momento più propizio per iniziare a scrivere morirà senza aver messo neanche una parola su carta.”

Dice la giornalista Maria Popova: “Il mio recente articolo sulla routine quotidiana di Kurt Vonnegut ha alimentato la mia curiosità anche verso la routine di altri scrittori famosi. Attraverso la documentazione di vecchi diari e interviste, soprattutto quelle pubblicate sul Paris Review, sono riuscita a risalire alle routine di una piacevole scrittura a mano dei miei autori preferiti”.

Ray Bradbury

Questo è quello che ha dichiarato Ray Bradbury in un’intervista del 2010 al Paris Review: “sono le mie passioni a spingermi ogni giorno verso la macchina da scrivere. E lo fanno da quando ho dodici anni. Non mi sono quindi mai dovuto preoccupare di pianificare. Sono le idee che mi esplodono dentro a programmare il mio lavoro e non il contrario. Mi dicono: vai alla macchina da scrivere e finisci quello che devi finire!

Posso lavorare ovunque. In camera da letto o in salotto, come quando da ragazzo vivevo in una piccola casa di Los Angeles con i miei genitori e mio fratello. Scrivevo a macchina con la radio accesa, mentre mia madre, mio padre e mio fratello parlavano uno sopra l’altro. Più avanti, quando ho iniziato a scrivere Fahrenheit 451, ho trovato all’UCLA una stanza adibita alla scrittura, nella quale se inserivi 30 cent nella macchina da scrivere, avevi a disposizione trenta minuti per battere a macchina”.

Susan Sontag

Susan Sontag nel 1977 formula nelle pagine del suo diario dei veri e propri propositi da mettere in pratica che vanno ad arricchire la sua raccolta di perle di saggezza sulla scrittura:

In un’intervista al Paris Review vent’anni più tardi, Susan Sontag descrive in maniera dettagliata la sua routine:

Scrivo con il pennarello, qualche volta con la matita, su taccuini rilegati di color giallo o bianco, proprio quelli fetish degli scrittori americani. Mi piace il movimento lento che esegue la mia mano mentre scrive. Poi lo batto a macchina e lo riempio di scarabocchi eseguendo correzioni su correzioni. Lo ribatto nuovamente e ogni volta correggo qualche errore, finché non capisco com’è che posso migliorarlo. Fino a cinque anni fa, questa era la mia routine. Da quando è subentrato il computer nella mia vita, dopo la seconda o la terza bozza ora trascrivo tutto al computer, ma continuo a eseguire correzioni e revisioni a mano sul testo stampato.

Scrivo di getto. Scrivo quando ne sento il bisogno, quando la pressione si accumula e ho finalmente la certezza che è ora di trasformare in parola scritta quello che da tempo è maturato nella mia testa.

Quando sono davvero coinvolta in qualcosa, non voglio dedicarmi ad altro. Non esco, mi dimentico di mangiare, dormo poco. Non è un modo molto disciplinato di lavorare, lo so, e non rende il mio lavoro molto proficuo. Ma lo rende incredibilmente interessante sotto altri aspetti”.

Henry Miller

Nel 1932, in una sezione intitolata “Daily Routine”, nelle note a piè pagina scritte da Henry Miller, sono presenti gli 11 comandamenti della scrittura, accompagnati dalla pianificazione di una giornata tipo che accomuna produttività, ispirazione e salute mentale:

Mattina: Se sei intontito, scrivi su carta i tuoi pensieri alla rinfusa e poi riordinali come stimolo. Se ti senti in forma, scrivi.

Pomeriggio: Suddividi il lavoro da fare in paragrafi e attieniti scrupolosamente al programma. Non sono ammessi intrusi o distrazioni. Scrivi con il solo e unico scopo di finire quel paragrafo che ti eri prefissato.

Sera: Esci con gli amici. Leggi nei cafè. Fatti coinvolgere da situazioni e stati d’animo che non ti sono familiari: vai a piedi se il tempo è umido e in bici se è afoso. Se sei in vena di scrivere, fallo, ma attieniti a un programma più leggero. Se ti senti vuoto o stanco, dipingi. Appuntanti ogni cosa, stila una classifica delle tue priorità, correggi il manoscritto al quale stai lavorando.

Nota: Ritagliati del tempo durante il giorno per visitare un museo o per fare qualche schizzo o giro in bici. Schizza nei cafè, in treno o mentre ti trovi in strada. Guarda meno film! Recati in biblioteca una volta a settimana per controllare le fonti”.

Ernest Hemingway

Ernest Hemingway, noto per scrivere in piedi, si rapporta alla sua arte con poesia e pragmatismo in egual misura: “Quando sto lavorando a un libro o a un racconto, scrivo ogni mattina appena spunta il sole ogni volta che ne ho l’occasione. Nessuno può disturbarti e, se fa freddo, ti riscalderai non appena ti metterai al lavoro. Inizi leggendo quello che hai scritto, per poi fermarti e raccontare quello che viene dopo. […] Diciamo che inizi alle sei del mattino e vai avanti fino al pomeriggio. Quando ti fermi ti senti come svuotato, ma allo stesso tempo senti di aver dato e arricchito, come quando fai l’amore con qualcuno che ami. Nessuno può ferirti. Non può accaderti niente… Fino al giorno dopo, quando sarai pronto a ripetere il processo da capo. È l’attesa del giorno successivo l’unica cosa difficile da sopportare”.

Maya Angelou

Maya Angelou nel 1990 condivide con i lettori del Paris Review la sua routine:

“Scrivo al mattino, rientro a casa a mezzogiorno e faccio una doccia, perché scrivere, come sapete, comporta un duro lavoro e quindi si necessita di una doppia abluzione. Successivamente esco di nuovo per fare la spesa – sono una cuoca seria io – e faccio finta di essere una persona come tutte le altre. Dico qualcosa di sensato, come Buongiorno, d’Accordo, Grazie. E tu? E vado a casa. Mi preparo la cena e se mi capita di avere ospiti accendo le candele, metto su della buona musica e cose di questo genere. Dopo che anche l’ultimo piatto è stato lavato, leggo quello che ho scritto la mattina e spesso di nove pagine sono in grado di salvarne soltanto due e mezzo, tre. Quello è il momento peggiore, quando devi ammettere che qualcosa non funziona e sei costretto a cancellarlo. Solo quando ho scritto una cinquantina di pagine, e le ho lette definendole accettabili, penso… Mica male!”.

Tradotto dall’originale articolo di Maria Popova.

Leggi qui l’articolo originale.

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