In molti conoscono il famoso quadro di John Everett Millais che raffigura l’Ofelia, in pochi però riconoscono nella donna che posò per il pittore la poetessa Elizabeth Siddal. Fino a poco tempo fa, nemmeno io sapevo chi fosse; è stato grazie alla casa editrice Damocle che ho scoperto gli Ottocenteschi versi malinconici di questa poetessa scomparsa a poco più di trent’anni.
Per molto tempo, il destino della Siddal sembra essere stato quello di rimanere nell’ombra, oscurata dalla popolarità del circolo dei preraffaelliti, per i quali ha posato e, in particolare, dalla suocera Christina Rossetti, famosa poetessa inglese dell”800 e sorella di Dante Gabriel Rossetti. Elizabeth e Dante intrecciarono una storia amorosa quando la donna era già divenuta modella prediletta di Walter Howell Deverell, William Holman Hunt e Millais.
Dante conobbe Elizabeth proprio nello studio dell’amico Derevell, al quale chiese se la donna potesse posare anche per lui. La ragazza, allora molto giovane e di una raffinata e singolare bellezza, divenne per il pittore una vera ossessione: secondo Ruskin, Dante era capace di dar vita alle sue migliori creazioni soltanto quando era Elizabeth a posare.
I due si sposarono il 23 maggio del 1860 ad Hastings e il loro matrimonio rappresentò l’apice dell’amore per l’arte che li accomunava. Un breve idillio artistico che terminò due anni dopo, quando Elizabeth decise di togliersi la vita ingerendo un’elevata dose di laudano. I costanti problemi di salute, la depressione causata dai continui tradimenti del marito e dall’aborto del figlio che portava in grembo la portarono al suicidio. Un’eroina inglese ottocentesca a tutti gli effetti.
Quando Elizabeth morì, Dante Gabriel Rossetti decise di seppellire i suoi versi dedicati alla moglie defunta insieme al corpo, salvo poi pentirsene e chiedere la riesumazione della salma per poter pubblicare il contenuto di quegli scritti.
Se avete piacere di leggere le poesie di Elizabeth Siddal, e io ve lo consiglio davvero, acquistate la versione con testo a fronte pubblicata da Damocle edizioni, per una lettura di pregio, approfondita da un’introduzione concisa.
Ecco a voi un assaggio. Questa poesia si intitola Dead love (“L’amore finito”) ed è, a parer mio, una delle più belle della poetessa.
Come potrete leggere, l’amore romantico non è presente in questi versi: la voce poetica risulta distaccata e autoritaria; non interessa alla poetessa innestare un sentimento di commiserazione o pietà nei confronti dell’amato. Elizabeth Siddal introduce, inoltre, l’idea di amore terreno rievocato post-mortem in una dimensione religiosa – passaggio non presente in Christina Rossetti – che sembra l’unica in grado di conferire al sentimento la giusta importanza.
Dead Love
Oh never weep for love that’s dead
Since love is seldom true
But changes his fashion from blue to red,
From brightest red to blue,
And love was born to an early death
And is so seldom true.Then harbour no smile on your bonny face
To win the deepest sigh.
The fairest words on truest lips
Pass on and surely die,
And you will stand alone, my dear,
When wintry winds draw nigh.
Sweet, never weep for what cannot be,
For this God has not given.
If the merest dream of love were true
Then, sweet, we should be in heaven,
And this is only earth, my dear,
Where true love is not given.