Giorgio Van Straten ha passato una vita sulle orme dei libri perduti. Ha cercato le tracce di libri dispersi in tutto il mondo, dedicando a questa ricerca anche la trasmissione radiofonica Pagine perdute. In questo libro, edito da Laterza, espone i casi emblematici di otto libri perduti per sempre in circostanze diverse.
L’autore mette subito in chiaro che i libri perduti sono quelli che sono esistiti e ora non ci sono più. Non sono libri dimenticati, che scompaiono a poco a poco dal ricordo di chi li ha letti, evaporando dalle storie della letteratura. E nemmeno sono quelli mai nati; pensati, attesi, e sognati, ma che alcune circostanze hanno impedito di scrivere.
«Per me i libri perduti sono quelli che l’autore ha scritto, anche se qualche volta non è riuscito a finirli; sono libri che qualcuno ha visto, magari anche letto, e che poi sono stati distrutti o dei quali non si è saputo più niente»
Il criterio scelto per seguire le tracce di questi libri dispersi è di ordine geografico, venendo a creare una sorta di giro del mondo in otto volumi, invece che in ottanta giorni. L’autore è partito proprio da casa propria, là dove gli è stato possibile tenere in mano il libro perduto di Romano Bilenchi. Per poi trasferirsi a Londra e tornare a Londra dopo essere stato in Francia, Polonia, Russia, Canada e Spagna.
Ogni libro perduto di cui Van Straten racconta ha la sua storia, ma ci sono anche delle affinità. Fra Romano Bilenchi e Sylvia Plath per esempio, perché nei loro casi è stato il coniuge a decidere per loro. O fra Walter Benjamin e Bruno Schulz, ebrei disperati nell’Europa in fiamme della seconda guerra mondiale, scomparsi insieme ai loro libri. O affinità tra Gogol’ e Malcom Lowry, che hanno entrambi fallito nel voler scrivere una nuova Divina Commedia.
Van Straten conosceva bene Romano Bilenchi, morto alla fine del 1989. Alla sua morte la vedova Maria Ferrara trovò un manoscritto inedito del marito, dentro a un cassetto, intitolato Il viale. Van Straten ebbe l’onore di leggerlo e l’onestà di non farne delle copie. Così quando la moglie di Bilenchi decise di distruggere l’unica copia del libro, questo fu perduto per sempre.
Qua si apre un capitolo a parte. Si ripresenta l’eterno interrogativo: se sia giusto o meno accondiscendere alle ultime volontà di un autore e quindi distruggere ciò che egli, in punto di morte, ha ritenuto incompleto e non adatto alla pubblicazione. Ma la volontà di un autore di decidere sulla sua opera è da ritenersi motivo superiore, rispetto alle aspettative e al desiderio di migliaia di lettori postumi?
È l’opera, il libro, cosa intangibile e sacra, sulla quale non dovrebbe avere la meglio neppure la volontà del suo autore? Non è un bene dell’umanità? Cosa inviolabile e protetta, che una volta creata vale di per sé, non più cosa tra le cose, ma aureolata di quel valore superiore e inalienabile che valorizza e protegge l’opera d’arte?
L’interrogativo rimane aperto…
E questo perché oltre al caso di Bilenchi, anche per le Memorie scandalose di George Byron è accaduta la stessa cosa. Alla sua morte infatti Cam Hobhouse, amico e amante di Byron e Augusta Leigh, la sorellastra, decidono di distruggere le sue memorie perché contenevano riferimenti all’omosessualità dell’autore e alla relazione incestuosa con la sorella stessa.
Così, quel genio dell’editore John Murray I, in cambio del risarcimento di duemila sterline che aveva dato a Byron come anticipo per scrivere le sue memorie, decide di cedere alle pressioni degli amanti del poeta, che vedevano in pericolo il loro onore, e di distruggere per sempre il prezioso manoscritto.
In altri casi sono state differenti le circostanze nelle quali il libro è andato disperso. Hemingway racconta in Fiesta come la prima moglie abbia perduto la valigia contenente tutte le copie dei suoi primi racconti e di un romanzo, anche le copie carbone. L’amico Ezra Pound incoraggerà Hemingway a riscrivere tutto, seguendo la massima secondo la quale “la memoria è il miglior critico”.
Per Bruno Schulz ci vorrebbe un libro a parte. E infatti molti scrittori hanno scritto di lui e del suo romanzo scomparso: Il messia. Bruno Schulz è diventato un personaggio mitologico. Di lui parlano David Grossman in Vedi alla voce: Amore; Ugo Riccarelli in Un uomo che forse si chiamava Schulz e Cynthia Ozick ne Il Messia di Stoccolma.
Anche Van Straten ripercorre la vicenda della scomparsa del manoscritto di Schulz, ma aggiungendo un fatto inedito, in bilico tra storia e leggenda. Francesco Cataluccio (tra l’altro autore del bellissimo Vado a vedere se di là è meglio), racconta a Van Straten che un ex funzionario del KGB aveva contattato un diplomatico svedese per vendergli una copia de Il messia, contenuto negli archivi della polizia politica.
Una pagina del manoscritto è stata analizzata da Jerzy Ficowski, poeta e ricercatore polacco, che per anni ha pazientemente raccolto tutti i materiali inerenti a Bruno Schulz. Secondo lui, da quella semplice pagina, poteva effettivamente trattarsi del libro scomparso. Purtroppo al momento della consegna del manoscritto questo andò a fuoco in un incidente d’auto. Se tutto ciò è vero, vuol davvero dire che era destino che autore e opera dovessero perire in quel doppio olocausto.
Anche lo scrittore Malcom Lowry è protagonista di una duplice scomparsa. La prima riguarda il manoscritto del romanzo di più di mille pagine, al quale aveva lavorato per ben nove anni: In the ballast to the White Sea. Andato a fuoco nel rogo della baracca nella quale l’autore viveva con la seconda moglie.
Ma la seconda scomparsa è ancora più grave. Di suo sono infatti reperibili in italiano solo il suo capolavoro Sotto il vulcano e una raccolta di saggi. Che fine hanno fatto il suo primo romanzo Ultramarina (Feltrinelli, 1963) o Ascoltaci signore (Feltrinelli, 1969) e ancora i bellissimi Buio come la tomba dove giace il mio amico (Mondadori, 1971) e Il traghetto per Gabriola (Mondadori, 1974); che fine hanno fatto le sue poesie: L’urlo del mare e il buio (Guanda, 1972)?
Ecco quindi che a volte la scomparsa è irreversibile, come ci ha raccontato Van Straten. Mentre in altri casi sono le scelte degli editori che privano i lettori, per anni, a volte per sempre, di capolavori che scivolano nell’oblio, fino alla loro completa dimenticanza.
Giorgio Van Straten
Storie di libri perduti
Laterza
2016