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Bruges la morta – Georges Rodenbach

Bruges - La morta

Poi ad un certo punto può anche accadere che una lettura te la consigli il personaggio di un libro. Dopo anni di letture disordinate. Di passaparola. Di libri che sono come ciliegie, che una tira l’altra. Dopo anni di letture metodiche. Per leggere tutto di un certo autore o filone narrativo. Per non lasciare indietro niente di essenziale e non avere lacune. Accade anche che all’improvviso il libro te lo consigli chi è dentro un altro libro.

È quanto accaduto durante la lettura di Panorama di Tommaso Pincio. Il protagonista del libro, Ottavio Tondi, in una notte romana sta attraversando ponte Sisto leggendo Bruges la morta di Georges Rodenbach. In quel momento viene assalito da un gruppo di giovani sbandati e facinorosi, naturalmente avversi alla letteratura, in una scena degna di Arancia Meccanica.

Perché Ottavio Tondi sta leggendo proprio quel libro? Fosse un avvenimento reale ci affideremmo al caso per definire quella coincidenza. Invece in un racconto si ritiene che nulla debba essere casuale, ma tutto un segno che rimandi ad altro, un simbolo, in un bosco di messaggi e concordanze che crea l’universo letterario delle infinite corrispondenze.

Bruges La morta è stato pubblicato da Fazi Editore nel 1995, a cura di Emanuele Trevi, con una bella introduzione di Marco Lodoli. Quest’ultimo ci illustra le affinità tra Rodenbach e i nostri crepuscolari, di cui s’indovina la stessa stoffa grigia e lisa, le stesse toppe cattolicheggianti, i risvoltini d’elegante desolazione simbolista. Ma tutto questo non è sufficiente a descrivere la necessità del romanzo.

Il romanzo di Rodenbach è del 1892, eppure attualissimo. Nel risvolto di copertina si sottolinea giustamente come il lettore di oggi, nutrito di cinema, non possa non riconoscervi, come sulla lastra di un vecchio daggherotipo, la stessa atmosfera allucinata di un capolavoro di Hitchcock, La donna che visse due volte. È come ritrovare i nostri lineamenti e i nostri stessi occhi, nel dipinto del bisnonno appeso alla parete.

Frutto tardivo e anomalo della letteratura decadente, questo libriccino appare e scompare come un fantasma, intimidito dalla luce e dalla gloria. Ripubblicato in Italia esattamente vent’anni fa è ritornato repentinamente nell’ombra, in attesa di essere riscoperto, in una nuova, effimera primavera, da un’altra generazione.

All’inizio del romanzo l’autore avverte:

«In questo studio delle passioni abbiamo voluto comunque e soprattutto evocare una Città, la Città come personaggio necessario, che partecipa agli stati d’animo, consiglia, dissuade, spinge all’azione. Così – come nella realtà – questa Bruges che abbiamo scelta appare quasi umana».

Evocazione che rende Bruges una piccola capitale del decadentismo europeo, come Parigi. Quella de Le Spleen de Paris di Baudelaire. Quella catalogata da Walter Benjamin nei Passages.

La trama è presto detta. Anche perché non è la trama che fa il romanzo, ma l’atmosfera. Come nei racconti di Poe. Come nei testi di Isidore Ducasse. Come nei Quaderni di Malte Laurids Brigge. Una trama che sconfessa la celebre massima di Karl Marx. Qui infatti il ritorno non si tramuta in farsa, ma in un’ennesima tragedia.

A Hugues Viane è morta l’amata moglie. Hugues diviene il vedovo per eccellenza. Per antonomasia. El Desdichado di Gérard de Nerval:

Je suis le Ténébreux, – le Veuf, – l’Inconsolé,
Le Prince d’Aquitaine à la Tour abolie:
Ma seule Étoile est morte, – et mon luth constellé
Porte le Soleil noir de la Mélancolie.

Tutti a Bruges lo additano come il vedovo, vestito sempre di nero, che passeggia tristemente per la città trastullandosi con i dolci ricordi della morta.

Ecco allora che compare il simulacro. Una donna identica alla moglie defunta. Jane, una ballerina, che non ha la statura morale della morta. Già dal primo incontro s’innesca il meccanismo ad orologeria e la suspence hitchcockiana, che porta inevitabilmente al tragico finale.

Nel capitolo VI (che da solo vale la lettura del romanzo) c’è il “Trattato della Somiglianza”. Il potere indefinibile della somiglianza corrisponde infatti alle due necessità contrastanti della natura umana: l’abitudine e la novità. La somiglianza non è che la linea d’orizzonte fra l’abitudine e la novità.

Così come la nuova compagna del vedovo somiglia alla morta, allo stesso modo Bruges-la-morte somiglia all’anima di Hugues Viane. Città avvolta nel mistero di quel grigio, di un eterno mezzo lutto… Un grigiore brumoso che scolora il cielo e l’anima come in un dipinto di Whistler o di Turner.

«Malinconia di quel grigio delle strade di Bruges, dove ogni giorno somiglia a Ognisanti… Quel grigio, come ottenuto dal bianco delle cuffie delle religiose e dal nero delle tonache dei preti, là dove il loro passaggio è incessante e contagioso».

Georges Rodenbach
Bruges la morta
Bruges la morte
Traduzione di Chaterine Mc Gilvray
Fazi Editore, 1995

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