Mario Tozzi lo conoscete tutti. Simpaticissimo geologo, giornalista televisivo e divulgatore scientifico che amiamo per il suo modo divertente di raccontare la scienza e di accompagnarci nell’esplorazione di un mondo complesso, sempre affascinante: il pianeta Terra.
Noi l’abbiamo conosciuto alla Fiera delle Parole 2014, quando ha presentato il libro-intervista “Perchè i vulcani si svegliano?“. Ci si scotta se si cammina su un geyser? La terraferma è davvero ferma? E perché alcune pietre sono preziose? È vero che le montagne possono crescere? Perché le isole non affondano? Da dove viene la sabbia? A queste e a tante altre impertinenti domande di Federico Taddia risponde Mario Tozzi in un libro per tutti, adulti e bambini.
L’abbiamo intervistato per voi, perchè oltre a esssere un esperto (è primo ricercatore al CNR e responsabile per la divulgazione della Federazione Italiana Scienze della Terra), ha una passione molto sviluppata per la letteratura…
Parliamo del tuo ultimo libro, “Perché i vulcani si svegliano?”, come mai hai deciso di spiegare i fenomeni naturali sotto forma di intervista?
Perché l’intervista è più divertente, più vivace e più moderna, quindi è più facile che si possa leggere un libro se questo è scandito sotto forma di domande e se le domande sono poste in maniera accattivante come è il caso delle domande di Federico Taddia che è molto bravo a intervistare, quindi fa uscire in modo semplice anche i concetti un po’ più complicati.
Ritieni che sia difficile diffondere le nozioni base sulla geologia a bambini e adulti? Sono molti i luoghi comuni su vulcani, geyser e tsunami?
Sì sì, è complicato proprio perché ci sono molti luoghi comuni, ma questo è sempre così. Il senso comune differisce dal senso scientifico; e quindi è più facile che si pensi che i terremoti siano legati al tempo atmosferico, per esempio, che è una cosa completamente assurda ma… quante volte abbiamo sentito dire che “c’è un tempo da terremoto!”. Non c’entra niente ovviamente il tempo con il terremoto, il primo è un fenomeno atmosferico che avviene a 10.000 metri sopra le nostre teste, l’altro avviene sotto i nostri piedi… è chiaro che non c’entra niente, eppure si è sentito. È proprio per questa ragione che c’è un po’ di ignoranza di fondo sui temi geologici in senso stretto.
Secondo te, le persone sono più interessate a comprendere come funziona la Terra per paura delle catastrofi o per curiosità?
Beh, per curiosità, certo, qualcuno c’è sempre, ma per paura delle catastrofi molto. Lo abbiamo visto con le alluvioni che funestano il Paese, con i terremoti che vengono rimandati in diretta nelle edizioni di tutto il mondo, abbiamo visto che c’è una curiosità qualche volte addirittura morbosa per gli eventi naturali catastrofici. Diciamo che le catastrofi non esistono, esistono gli eventi naturali che diventano catastrofici per colpa nostra, perché noi abbiamo costruito male o ci siamo messi a vivere dove non si doveva. Il fatto di averla scampata, cioè vedendo che non è toccato a noi, ci rende forse più morbosi nel vedere quello che è successo agli altri, vedere se c’è qualcuno rimasto sotto le macerie, se è stato tirato fuori, eccetera. Quindi sì, direi che è piuttosto questo che fa incuriosire… e non a caso ci sono anche tanti film sul tema. C’è ancora una ripresa delle eruzioni di Pompei, oramai sono passati 2.000 anni eppure le vediamo ancora, c’è la paura dell’impatto di un asteroide. Sono temi che si basano soprattutto su questi aspetti più che sulla curiosità scientifica in senso lato.
Oggigiorno leggiamo fin troppo spesso di catastrofi naturali e la tendenza attuale sembra quella di cercare un colpevole e non di capire come evitarle. Qual è la tua opinione in merito?
La tendenza è quella di scaricare la responsabilità del fatto, cioè evitare che si dica che dipenda da noi, come invece è nella maggior parte dei casi, che dipende dai nostri comportamenti malsani più che altro, perché noi avremmo potuto fare qualcosa e invece non la facciamo. E soprattutto non ci piace che ci dicano che è colpa nostra. Che dipende da te, che hai costruito abusivamente, che ti sei messo a vivere in un posto dove proprio non si poteva, ancora non hai usato i criteri giusti di costruzione… c’è disattenzione anche, pensiamo che ce la possiamo cavare e dipende dal fato e invece non dipende per niente dal fato. Dipende dai nostri comportamenti, dalla nostra incapacità.
Cosa pensi dei dissesti idrogeologici del nostro Paese? C’è una “via di ritorno” percorribile? A che condizioni?
La strada percorribile intanto, soprattutto per quanto riguarda il dissesto idrogeologico, consiste nel non costruire più nemmeno mezzo metro quadrato di cose nuove. Basta, quello che c’è, c’è, semmai bisogna ristrutturare il Paese. E poi è necessario allontanarsi dai luoghi più pericolosi e lasciare liberi i fiumi di espandersi in zone dove non c’è nessuno o creare aree dove possano espandersi liberamente. L’altro aspetto non è tecnico, è culturale. Rendersi conto che siamo il Paese a maggior rischio idrogeologico d’Europa, ci sono 540.000 frane sul territorio italiano su 700.000 europee, ne abbiamo più di tutti. Siccome il rischio non si può azzerare si deve convivere in maniera accorta e questo è quello che dobbiamo fare.
Ti diverte di più scrivere o raccontare la scienza?
Mi diverte più raccontarla, raccontarla sul palcoscenico è sempre più divertente. Avere il pubblico di fronte è sempre qualcosa che piace. Preferisco questo, preferisco raccontarla.
A proposito, stai già lavorando a un nuovo libro? Su cosa? Ci dai qualche anticipazione?
A gennaio uscirà un nuovo libro sulla tecnologia inutile per Einaudi, che si chiama “Tecno Barocco“. E quindi lo porterò in giro anche un po’ come un monologo.
Che rapporto hai con la letteratura non scientifica?
Leggo un sacco, sono un convinto lettore di libri, quindi ho un ottimo rapporto. Cerco di leggere un sacco, non sempre ci riesco, ma normalmente ci provo. Leggo i saggi, ma leggo anche i romanzi, da un lato i classici, dall’altra proposte anche nuove, mi piace la letteratura di thriller o poliziesca della Scandinavia. Per cui leggo molto Nesbø, Mankell, Larsson. Più di tutti mi piace Jo Nesbø che secondo me è il più grande scrittore di thriller esistente al mondo, mi piace il suo eroe Harry Hole, ho letto tutti i suoi libri. Nessuno mi coinvolge come lui, se leggo un libro di Nesbø non riesco a non finirlo.
C’è qualche autore o libro che ha influenzato più di altri la tua vita?
Se parliamo dei classici, in particolare quello che trovo più profondo, più interessante è Proust. Mi piace la Recherche, la rileggo, lo trovo un libro straordinario, di grandissimo approfondimento. E poi mi piace molto la lettura sudamericana, in particolare Jorge Amado e Garcia Marquez mi piacciono moltissimo, li leggo molto. Mi piacciono le poesie, leggo tantissime poesie, le leggo continuamente, mi piacciono gli italiani, soprattutto gli ermetici, Ungaretti, Quasimodo, ma anche i poeti più recenti e poi i lirici greci, ma anche Neruda, Garcia Lorca…
Il libro sul comodino in questo momento?
Ce n’è una pila. L’ultimo volume della Recherche di Proust che stavo rileggendo appunto, poi c’è un saggio che si chiama “Quando gli elefanti piangono” (di Jeffrey M. Masson ndr) che riguarda la vita emotiva degli animali, c’è un libro appena uscito che si chiama “Da animali a dèi” (di Yuval Harari ndr) che racconta come l’uomo si è evoluto da animale a “dio”. E poi c’è un romanzo di Andrea Camilleri, uno degli ultimi: Camilleri mi piace, lo leggo sempre volentieri.
Intervista realizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale Cuore di Carta
1 commento
come si dice… Mario Tozzi for President!