Lunedì 18 gennaio 2016, denominato anche lunedì blu, è morto lo scrittore Michel Tournier. Riproponiamo un’intervista di qualche anno fa col grande autore francese, vincitore del Prix Goncourt con Il re degli Ontani e dal 1972 membro dell’Académie Goncourt. Un altro suo libro di grande successo è stato Venerdì o il limbo del Pacifico, nel quale ripropose sotto altra veste il mito di Robinson Crusoe. Aveva 91 anni e viveva a Choisel in una sorta di eremo aperto a tutti quanti volessero incontrarlo e rendergli omaggio.
CHOISEL – A pochi chilometri da Parigi, al termine della linea B della R.E.R, verso sud, si apre la Vallée de Chevreuse e si è già in aperta campagna. Michel Tournier vive a Choisel, un piccolo borgo, rustico, nel quale ha restaurato un vecchio presbiterio perché divenisse la sua abituale dimora. Ormai si muove raramente, raggiunge Parigi solo per presenziare alle riunioni dell’Académie Goncourt e allora scende in un albergo della Place St-Sulpice, con vista sulla chiesa. Il presbiterio nel quale abita ha conservato una possente muratura che lo circonda. Dalle ampie vetrate del soggiorno si scorge un piccolo giardino rigoglioso. Un gatto indolente entra e esce dalla casa. Tournier è molto ospitale, si muove per la casa con sveltezza nonostante l’età che non dimostra, l’occhio curioso e ironico. Migliaia di giornalisti, per intervistarlo sui suoi libri, di scrittori e di studenti per le loro tesi, sono passati di qua, ma Tournier si dimostra sempre disponibile, quasi volesse concorrere, senza affaticarsi, alla costruzione della propria leggenda. Infatti un’aura lo circonda, è il decano degli scrittori di Francia, ancora il più letto, forse il più amato. Le Roi des aulnes e Vendredi ou les limbes du Pacifique sono ormai dei classici della letteratura francese, ma Tournier ne parla come se li avesse appena finiti di scrivere. Ecco quello che ci ha detto quando lo abbiamo incontrato.
Lei ha fatto il suo ingresso nel mondo letterario, venendo dalla filosofia, nel 1967, con Vendredi ou les limbes du Pacifique, lontano o forse stretto parente di Robinson Crusoe.
Sì, diciamo che è un libro di cui ho già sentito parlare… e a proposito di questo, qualche giorno fa ero in una scuola, vado spesso nelle scuole perché sono un autore per ragazzi e ce n’erano di piccoli, avevano dieci anni, che si sono accorti che c’era un rapporto tra il mio Venerdì e il Robinson Crusoe di Daniel Defoe e mi hanno chiesto «Le capita spesso di copiare i suoi libri da quelli degli altri?». Eh sì! Per un bambino copiare dal compagno è vietato! A scuola non si può copiare dal vicino!
Il suo romanzo in effetti è una riscrittura del Robinson Crusoe, una Robinsonnade, cosa c’è secondo lei di così profondo, archetipico, che possa giustificare un tale numero di riscritture di questo testo, da parte di quei particolari lettori che sono appunto gli scrittori?
Eh già, il Robinson Crusoe è stato riscritto numerose volte: c’è stato Jean Giradoux, Susanna e il Pacifico, c’è il Robinson Crusoe di Paul Valery, un’Histoire Brisée, e ce ne sono stati tanti altri dopo. Jules Verne con L’isola misteriosa… Quello che c’è di curioso è che tutti, salvo Saint-John Perse, eliminano Venerdì, non c’è traccia di Venerdì in Giradoux, Valery eccetera, quindi, se si vuole, a parte S. J. Perse sono il solo ad aver reso il suo posto a Venerdì.
Perché il Robinson di Daniel Defoe è diventato un mito? Un mito letterario?
Cos’è un mito? È la storia dei personaggi che incarnano un aspetto fondamentale della condizione umana, da questo punto di vista ciascuno ne incarna un aspetto differente. Don Giovanni, per esempio, è il Sesso e l’opposizione di una vita sessuale libera alla morale, alla religione, all’ordine sociale. Don Giovanni è il delinquente totale, l’Anarchia. Tristano e Isotta rappresentano l’Amore Assoluto, unico. Faust è la Conoscenza, perché l’uomo vuol sapere tutto, senza cadere nelle mani del diavolo. Allora Robinson è la Solitudine. Il problema della Solitudine quindi, l’uomo che vive al di fuori della società.
E poi arriva Venerdì.
Esatto, poi arriva Venerdì, ancora un altro problema che viviamo oggi, e sono gli stranieri, i lavoratori immigrati che vengono dall’Africa per la Francia o dall’Albania per l’Italia, loro sono dei Venerdì. Venerdì arriva e bussa alla porta di Robinson, cosa fa Robinson? È un meraviglioso, formidabile soggetto di un’attualità assolutamente eccezionale. Anche la solitudine dal canto suo rappresenta un problema attuale, perchè non c’è bisogno di un’isola deserta: se si guardano gli studi sulle società contemporanee vi sono sempre più solitari, uomini e donne che vivono soli, fino a poco tempo fa ciò non esisteva: chi viveva solo era un emarginato, un uomo che non era sposato era sospettato. Perché? cosa c’è che non va? Oggi vi sono sempre di più famiglie monoparentali, un genitore con un figlio, ancora una fonte di solitudine. La famiglia è un grande partito distrutto, quindi ecco che la Solitudine e Venerdì sono dei problemi contemporanei e ciò fa sì che il Mito di Robinson sia così attuale.
Un mito in quanto si rigenera quindi, perché parla a tutte le generazioni, nei secoli dei secoli, è sempre contemporaneo.
In realtà esiste un terzo aspetto: è il culto del mare e della spiaggia, la solitudine selvaggia, le palme, il bagno di sole, le vacanze, ma tutto ciò Daniel Defoe non poteva sospettarlo e questa è la definizione di Mito. Un inventore di miti non sa di aver inventato un mito. Non misura la significazione di ciò che ha inventato. Se gli si fosse detto «Guarda cosa hai fatto!», sarebbe rimasto indignato. Daniel Defoe detesterebbe il mio Venerdì. Per Daniel Defoe la solitudine era un castigo, Robinson era partito maledetto dal padre e l’isola deserta è la punizione. Venerdì, il selvaggio che arriva e che capita all’improvviso, è il lato Club Méditerranée, con la spiaggia, il bagno, il sole, i frutti che si raccolgono dagli alberi… Tutto ciò era estraneo a Daniel Defoe, non ne avrebbe compreso niente.
Quindi chi inventa un personaggio mitologico non ne comprende a pieno la portata, la novità, sono le generazioni future che ne decretano il successo.
È lo stesso per la maggior parte degli inventori di miti. Tirso de Molina, che ha creato Don Giovanni non avrebbe compreso niente di Molière e Mozart, si sarebbe indignato, perché Tirso de Molina era un uomo di religione e per lui Don Giovanni era un criminale. Molière e Mozart prestano una certa accondiscenza, compiacenza nei riguardi di Don Giovanni. C’è un caso molto interessante in cui l’autore di un mito è stato messo a confronto al suo mito stesso: è Goethe. Aveva 25 anni quando ha scritto il Werther, un successo enorme, e 25 anni dopo, quando aveva cinquant’anni, non comprendeva il mito di Werther che copriva l’intera Germania. Goethe scrive un romanzo autobiografico, anche lui aveva avuto un amore disperato, per Carlotte Buff, fidanzata di Kestner, e aveva pensato di suicidarsi, ma prima che la situazione trascenda si riprende e dice: «ho voluto suicidarmi, creerò la storia di un giovane che ha un amore infelice e che si suicida così non mi suiciderò e diventerò celebre». E fu proprio quello che accadde. Un immenso successo. Mi pare che sia apparso nel 1774. E 25 anni più tardi Goethe è consigliere del principe di Weimar e tutta la gioventù del tempo si ispira al Werther, si veste “alla Werther”, si pettina “alla Werther” e si suicida. Ne nasce una polemica, c’è della gente che rimprovera a Goethe di aver scritto un’apologia del suicidio e di essere responsabile di numerosi suicidi. La situazione è paradossale, l’autore del mito dice «io non volevo tutto ciò», così come Tirso de Molina non ha voluto dei Don Giovanni e Defoe non ha voluto dei Tournier.
In Una pietra sopra Calvino parla della sua opera e lei a sua volta ha scritto un breve saggio su Il castello dei destini incrociati inserito nel volume Il volo del vampiro, so che l’ha conosciuto: avete mai parlato dei tarocchi? Lei costruisce una ‘mise en abyme’ con le figure dei tarocchi e Calvino un intero romanzo: è una coincidenza o lei l’ha influenzato in qualche modo?
No, non penso che ci siano state influenze reciproche. I miei rapporti con Italo Calvino sono stati inizialmente idilliaci. Lui venne qui di persona a Choisel per convincermi a cedere i diritti del mio Venerdi’ o il limbo del Pacifico all’Einaudi. Così è stato e l’Einaudi ne detiene tuttora i diritti per l’Italia. È un piccolo caso editoriale se vogliamo, perché in seguito Calvino lesse Il Re degli Ontani e s’indignò. Delle grida ricordo. Mi telefonò «Tu non hai il diritto di scrivere un libro del genere!». Così l’Einaudi detiene i diritti del mio primo libro, mentre tutti gli altri in Italia sono editi da Garzanti.
Purtroppo la scomparsa di Michel Tournier non ci consente di fargli la nostra domanda di rito. Non possiamo sapere quale fosse il suo attuale libro sul comodino. Ma sappiamo però che come scrittore non è morto. Noi e molti altri lettori avremo sempre un suo libro a portata di mano.