Qual è il segreto che si cela dietro la lettera che il cronista Bruno Jordan riceve da Monica Ferreri, proprio 33 anni dopo la scomparsa della donna?
Massimo Polidoro ci tiene con il fiato sospeso e con gli occhi incollati alle pagine del suo nuovo libro “Il passato è una bestia feroce” (Piemme), uscito nelle librerie il 3 marzo.
Sebbene sia al suo primo thriller, Massimo Polidoro vanta la pubblicazione di più di 40 libri, tra i quali opere di saggistica, romanzi inchiesta e libri di narrativa per ragazzi.
Divulgatore scientifico e giornalista professionista, Massimo Polidoro affronta dal 1989 i temi dell’ignoto, del paranormale e dei grandi enigmi della storia e collabora con il mensile Focus e con tutte le testate del gruppo.
In quest’intervista ci racconta com’è nata l’idea di dare alla luce questo suo ultimo romanzo che, ricordiamo, è già andato in ristampa ed è uno dei primi in Italia a essere pubblicizzato attraverso il crowdsourcing.
1. Come ci si sente quando il proprio libro va in ristampa a 24 ore dalla sua pubblicazione?
È senz’altro una bella sensazione, anche per uno come me che ha più di 40 libri alle spalle. Questa volta, però, si tratta del mio primo thriller e, dunque, è un campo nel quale sono in effetti un esordiente. C’era il rischio che il libro naufragasse nel mare di titoli che escono continuamente, per fortuna non è andata così.
2. Scrittore, docente universitario, giornalista, conduttore, segretario nazionale del CICAP, nonché uno dei maggiori esperti internazionali nel campo della psicologia dell’insolito. Ma chi è veramente Massimo Polidoro?
Una persona piena di curiosità che ha avuto la fortuna di trasformare le proprie passioni nel suo mestiere.
3. Parliamo del tuo ultimo libro. Fin dall’inizio del romanzo, il passato gioca un ruolo fondamentale all’interno della vicenda. Qual è, secondo te, il rapporto che ognuno di noi dovrebbe avere con il proprio passato?
Sarò banale, ma credo sia assolutamente vero che chi non conosce il passato è destinato a riviverlo e, soprattutto, a ripetere gli stessi errori.
4. Tu stesso hai scritto che questo romanzo ti ha richiesto anni di lavoro. Ci sarà però stato un momento particolare in cui hai pensato: “Questo libro s’ha da fare!”. Ce lo puoi descrivere?
Scrivere un thriller è qualcosa che sogno da tanti anni, visto che si tratta di una delle mie letture preferite. Ma proprio perché amo questo genere, sono sempre stato consapevole dell’estrema difficoltà insita nel tentativo di costruire una storia che sia allo stesso tempo credibile, coinvolgente, piena di suspense e di colpi di scena. Per questo ho trascorso anni a studiare, leggendo, dissezionando i bestseller, analizzando le tecniche dei grandi autori… Un paio d’anni fa, dopo avere terminato l’ennesimo saggio, mi sono detto che se non mi decidevo a scrivere il thriller che da sempre sognavo non lo avrei mai fatto: così mi sono messo all’opera e nel giro di pochi mesi ho avuto una prima stesura pronta. La sensazione di avere finalmente per le mani qualcosa di concreto su cui lavorare è stata impagabile.
5. Bisogna riconoscere che la tua strategia di promozione attraverso il crowdsourcing ha fatto bingo. Eppure affidare una parte della promozione del libro al giudizio di una squadra di ben cento lettori non dev’essere stato facile…
Certo, c’era il rischio che il libro non piacesse. Ma quando ho pensato di intraprendere questa strada di crowdsourcing del tutto inedita, non mi risulta infatti che almeno in Italia qualche scrittore lo abbia mai fatto, ero consapevole di avere scritto un buon romanzo. Non lo dico certo per vantarmi, ma solo perché è un risultato a cui sono arrivato dopo tanto lavoro e tante rifiniture. Del resto, come diceva David Ogilvy, uno dei padri della moderna pubblicità, se si ha per le mani un prodotto mediocre, una grandiosa campagna pubblicitaria avrà come unico effetto quello di farlo affondare più in fretta. Dunque, prima di pensare a come lanciarlo, la mia preoccupazione più grande è stata quella di scrivere un buon libro. Per mia fortuna, è piaciuto e la Squadra dei miei 100 lettori lo ha subito “adottato”!
6. Nel corso degli anni hai condotto diverse ricerche su fenomeni insoliti che ti hanno portato a viaggiare molto. Qual è il posto più misterioso dove sei stato?
Ce ne sono parecchi. Forse dovrei dire Rennes-le-Chateau, sui Pirenei, dove ogni singolo mattone o scritta sul muro sembra nascondere un mistero o un codice segreto. Oppure le località in Transilvania dove è nato il mito di Dracula. Ma, personalmente, ho trovato molto suggestivi i luoghi in Inghilterra dove sopravvivono le tracce della leggenda di Robin Hood, che sembrano davvero fare emergere una figura realmente vissuta. Passeggiare nella foresta di Sherwood, ma anche per i cimiteri o sulla tomba (quella sì falsissima, ma comunque molto suggestiva) di Robin Hood è stato davvero emozionante.
7. Hai scritto diversi libri su storie che da sempre affascinano perché permeate da un alone di mistero… La vicenda del Titanic, il sacro Graal, gli attentati dell’11 settembre, Stonehenge e molti altri. C’è un segreto che Massimo Polidoro non è ancora riuscito a svelare?
Tantissimi! A partire dai cosiddetti “misteri” d’Italia, crimini e depistaggi a lungo coperti dal segreto di Stato. Spero prima o poi di potermene occupare.
8. Quali sono i tre libri scientifici che hanno maggiormente influenzato la tua formazione?
Dovrei dire sicuramente “Anomalistic Psychology” di Zusne e Jones, un trattato di psicologia che mi ha ispirato la definizione di “Psicologia dell’insolito”, che ho poi adottato nel mio corso universitario. Un altro eccellente è stato “The Psychology of the Psychic” di Marks e Kammann, che mi ha aiutato per la prima volta a entrare nei meccanismi psicologici dell’inganno di falsi medium e sensitivi. E poi, direi due libri di divulgazione come “Flim-Flam!” di James Randi e “Viaggio nel mondo del paranormale” di Piero Angela, che mi hanno entrambi cambiato letteralmente la vita.
9. Parliamo dei tuoi gusti in ambito narrativo. Quali sono i tuoi autori preferiti?
Potrei parlarne per ore, visto che leggo molta narrativa oltre alla saggistica. Mi limito però al genere giallo e al thriller, visto che è di questo che tratta il mio romanzo. Sono cresciuto a pane e Sherlock Holmes, di cui ho imparato ogni singola storia quasi a memoria, ma ho anche adorato Poe e Stevenson. Dei contemporanei, Stephen King lo considero il massimo, ma leggo sempre con molto piacere autori come Michael Connelly, Robert Crais, Dennis Lehane, Lee Child, Elmore Leonard e tanti, tanti altri.
10. E per finire la nostra domanda di routine: qual è il libro che hai sul comodino?
Ne ho diversi in questo momento: ne scelgo tre. Sto finendo “A slight trick of the mind” di Mitch Cullin, dove si racconta di uno Sherlock Holmes anziano che al cinema sarà interpretato da Ian McKellen. Poi ho il nuovo King, “Revival”, da iniziare, e “Solo il tempo di morire” del mio amico Paolo Roversi. Come si intuisce, faccio sogni molto movimentati…