Cammellini che entrano ed escono dalle orecchie - Filippo MartinezFilippo Martinez è impresentabile. È un artista talmente eclettico che ogni definizione appare sminuirlo, ogni aggettivo peggiorativo, ogni sostantivo un diminutivo. Parlare di una qualsiasi delle sue attività vuol dire escluderne altre. Per di più ha recentemente dichiarato la sua morte indidascalica e per un autore postumo bisognerebbe sempre usare un tono elegiaco. Bisognerebbe elogiarlo in un bel panegirico. Ma lungi da noi tutto ciò. Diciamo semplicemente che Filippo Martinez è rettore dell’Università di Àristan e l’autore di Cammellini che entrano ed escono dalle orecchie (Bompiani) e che sotto forma di ‘intervista impossibile’, di quelle che piacevano tanto a Giorgio Manganelli, anche lui ci ha concesso un’intervista esclusiva.

Ci puoi raccontare L’università di Àristan? La sua nascita e i suoi intenti?

Per capire l’Università bisogna prima sapere cos’è la città-stato di Àristan, perciò rispondo a questa domanda proponendo i manifesti che hanno annunciato le due entità.

MANIFESTO DELLA CITTÀ STATO DI ÀRISTAN
La nostra vita è un dono irripetibile; ma è un attimo, un battito di ciglia. Non si può stare al gioco di quest’epoca miserabile. Non possiamo rassegnarci senza vendere cara la pelle a questa generale mancanza di gioia. A questa dominante assenza di grazia. E di bellezza. Ad Àristan si combatte. Àristan è capitale di se stessa, la sua topografia è fluttuante: coincide con la pelle di chi vuol viverla. È un luogo che le mappe non riconoscono più. È uno Stato forte e libero. Uno Stato Mentale. Vieni ad Àristan! Diventa un’opera d’arte polifonica. Partecipa alla reincarnazione della democrazia. Anche Zorro, ad Àristan, continua a combattere.

MANIFESTO DELL’UNIVERSITÀ DI ÀRISTAN
Facoltà di scienze della felicità – Laurea in Teoria e Tecniche di Salvezza dell’Umanità
Di solito il docente non può scegliere e proporre la sua materia in piena libertà: deve adeguarla a orientamenti convenzionali e purificarla dalle interferenze della propria vita privata. Nell’Università di Àristan accade il contrario: l’insegnante è sollecitato a scegliere qualsiasi materia senta profondamente, anche se inconsueta, ed è invitato a proporla sommamente impura, visceralmente, emotivamente, spiritualmente contaminata dalla sua vita. La laurea in “Teoria e tecniche di salvezza dell’Umanità” non ha alcun valore legale. I laureandi sono mossi solo dalla passione e dalla curiosità per le materie trattate garantendo così la massima partecipazione.

Per dare un’idea delle materie ecco alcune delle 40 cattedre:

  • Barbara Alberti (scrittrice) Amore – Per parlare di ciò che non potrà mai essere detto
  • Pietrangelo Buttafuoco (giornalista e scrittore) Francoecicciologia – per la teoria del soprassedere
  • Fabio Canessa (critico) Verità – per imparare dal falso
  • Peter Glidewell (ermeneuta) Galateo – per decifrare i codici
  • Claudio Ciaravolo (psichiatra) Leggerezza – per imparare a sorvolare
  • Giulio Giorello (filosofo) Texologia – per la fenomenologia pura e applicata
  • Fausto Taiten Guareschi (monaco zen) Zen – per nulla
  • Filippo Martinez (tragediografo) Regalità Individuale – per onorare giorni e notti
  • Michela Murgia (scrittrice) Odio – per tutto quello che non è biodegradabile
  • Remo Remotti (poeta) Remotti – per diventare angeli
  • Vittorio Sgarbi (storico dell’arte) Follia – per una vita ordinata
  • Benito Urgu (attore) Metempsicosi – per capire tutto il resto

 

Abbiamo letto e recensito il tuo ultimo libro Cammellini che entrano ed escono dalle orecchie, è un genere atipico, se dovessi classificare la tua scrittura, come la definiresti?

Testamentaria. Questo libro infatti è un testamento.

Qual è la tua principale fonte di ispirazione? E quale metodo segui poi per sviluppare la tua idea?

Gli spunti arrivano quasi sempre a tradimento. Dopo aver visto in televisione un frammento dell’intervento all’ONU di Berlusconi, per esempio, mi son chiesto cosa avrei potuto dire in poco tempo, facciamo sette minuti, se mi avessero assegnato il compito gravosissimo di rappresentare la Terra all’Assemblea degli Universi. Ebbene per settimane questo problema è diventato quasi un’ossessione. Mi son placato solo dopo aver scritto, letto a voce alta e cronometrato un discorso che mi convinceva. Ora è a pagina 47 di Cammellini. È intitolato “L’Umanità in sette minuti”.

Cercando paragoni con il tuo stile, quali padri letterari ti vengono in mente?

Più che “cercare paragoni col mio stile” mi piace trovare lontano nel tempo gli autori che, entusiasmandomi, hanno sicuramente influenzato la mia vita. Ecco gli 11 della formazione tipo in ordine di apparizione:

  1. Omero. Arrivò con papà che molte volte negli anni ’50 (io sono del 1951) mi ha raccontato l’Iliade e l’Odissea.
  2. Ferenc Molnár. Quando avevo sette anni Nemecsek mi ha fatto piangere. Da allora non ho più riletto I ragazzi di via Pal, non vorrei che mi deludesse. O che di nuovo mi facesse piangere.
  3. Dante. Alla fine degli anni ’50 La Divina Commedia cominciò a entrare nella mia vita grazie al bellissimo Inferno di Topolino scritto da Guido Martina e disegnato da Angelo Bioletto.
  4. Federico García Lorca. Ero alle medie quando Ignacio Sánchez Mejías mi apparve nella voce di Arnoldo Foà. Ascoltai il Lamento per la morte di Ignacio dal vinile a 33 giri sin quasi alla consunzione.
  5. Miguel de Cervantes. Don Chisciotte della Mancia me lo presentò Salvador Dalì con le sue strepitose illustrazioni. Fu pubblicato a puntate nel settimanale Tempo dal settembre del ’64 all’aprile del ’65.
  6. Jacques Prévert. È lui che nei primissimi anni ’70 mi fece capire che in poesia per raccontare la guerra, tra un «Si sta/ come d’autunno/ sugli alberi/ le foglie» e un «Ognuno sta solo sul cuor della terra/ trafitto da un raggio di Sole» c’è la possibilità di un dolce «Oh Barbara/ che coglionata la guerra»; verso che potrebbe essere anche di Paolo Conte o (sostituendo a ‘coglionata’ la parola ‘stupidaggine’) di Libero Bovio.
  7. Hugo Pratt. Ci eravamo intravisti molto prima su Il corriere dei piccoli dentro Una ballata del mare salato, ma il vero incontro con Corto Maltese avvenne tra le pagine di Côte de nuits e Rose di Piccardia pubblicate nel 1973, in un magnifico volume intitolato Baci e spari.
  8. Jorge Louis Borges. Mi son perduto nei suoi labirinti nel 1974 con Finzioni, pubblicato negli Oscar Mondadori e tradotto da Franco Lucentini; subito dopo ho letto Carme presunto e, mentre facevo il militare, L’Aleph, con il fondamentale racconto La scrittura del Dio .
  9. Umberto Eco. Lessi Diario minimo nel 1975, forse nel 1976, e mi entusiasmò. Per me è stata la prova documentale che la scuola e ciò che, in genere, viene definito Cultura può arricchirci con leggerezza, accendendo la fantasia e scatenando sorrisi.
  10. Franz Kafka. Ho cominciato a leggere i suoi racconti brevi nel 1976, ma di lui ho ancora molti libri non letti. Li tengo da parte perché, in vecchiaia, potrei avere bisogno di stupefacenti purissimi che mi aiutino a morire.
  11. Gabriel García Márquez. Nel 1979 con Cent’anni di solitudine mi mostrò la gioia scatenata di raccontare senza freni, rischiando di confondersi e di confondere il lettore. In quegli anni ho addirittura dipinto alcuni quadri firmandoli col nome di uno dei protagonisti: il colonnello Aureliano Buendía.

 

Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Leggo spesso ma solo quando ne ho voglia e solo i libri che mi piacciono molto, gli altri li mollo subito.

‘Il libro dei libri’ secondo la tua sensibilità?

La Messa da Requiem in Re minore K 626 di Wolfgang Amadeus Mozart.

Quali sono secondo te il migliore scrittore italiano e quello straniero?

Dante Alighieri e Miguel de Cervantes.

Sul blog abbiamo la rubrica dei libri dispersi. Qual è, secondo te, un libro dimenticato, un capolavoro magari non più ristampato o comunque caduto nell’oblio?

Il Nuvolario di Fosco Maraini.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Mi piacerebbe girare un film tratto da Cammellini, ho già pronta una sceneggiatura che collega pagine apparentemente molto diverse; affiderei la colonna sonora a Rachel Portman. Poi vorrei finalmente montare la mostra Termopili, nostalgia della battaglia; è pronta dal 2008 con una formula d’allestimento inedita ma, a parte i 616 ritratti di “Immortali” che ho esposto alla Biennale di Venezia del 2011, non riesco a trovare i 10.000 metri quadri e i mezzi per poterla proporre completa. Ed è davvero un peccato.

La domanda finale è quella che dona il titolo alla rubrica, il libro sul comodino, cosa tieni in questi giorni a portata di mano?

Sto leggendo Europeana di Patrik Ourednik e sto rileggendo Shock economy di Naomi Klein, un libro fondamentale per capire la dittatura del denaro che oggi governa tutto. Questo testo mi ha ispirato una serie di ritratti apocrifi dell’economista Milton Friedman, guru celebratissimo del liberismo, consigliere economico di Pinochet e “padre” dei Chicago Boys. Sono immagini apocalittiche. Le sto dipingendo nel vasto underground che mi è stato messo a disposizione dal Thotel di Cagliari. “La moneta è una cattiva misura” diceva il capitano Achab, e aveva ragione. Con questo misura infatti nazioni come la Grecia, l’Italia e la Spagna che hanno regalato civiltà e bellezza all’Umanità oggi sono trattate a pesci in faccia. A questo proposito date un’occhiata su Youtube al video dei Nemesis intitolato Il tempo dei topi di fogna. Le voci soliste sono la mia e quella di Giulio Giorello.