Nessuno più di Cinzia Scaffidi conosce l’importanza delle parole. Perché le parole sono un po’ come le metafore. Le chiamiamo in causa per spiegare meglio un fenomeno, per poi renderci conto che invece lo trasformano, portando con sé mutamenti di senso anche clamorosi, eppure capaci di insinuarsi senza troppo rumore nel linguaggio comune. E il bello delle parole è un po’ anche questo, che sono elastiche, ma scontano la debolezza di diventare facile preda di furbe manipolazioni.
E così, Cinzia Scaffidi – Vice Presidente di Slow Food Italia e Docente presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – con “Mangia come parli” (ed. Slow Food) ci mette in guardia sul significato delle parole riferite al cibo. Un vocabolario che ne prende in esame 100 (dalla A di Agricoltura alla Z di Zappare) e descrive le evoluzioni che termini emblematici come “Etichetta” o “Sovranità” hanno conosciuto negli ultimi cinquant’anni. E che, nemmeno a dirlo, invita a riflettere e a essere più consapevoli riguardo alla soddisfazione di un bisogno primario, anzi, il Bisogno: nutrirci.
1) Perché, dopo oltre vent’anni di impegno nel campo dell’alimentazione e dell’agricoltura, a un certo punto si sente il bisogno di fermarsi e fare chiarezza sulle parole che si riferiscono al cibo?
Perché le parole cambiano, e cambiano per almeno 3 ragioni. Da un lato c’è l’evoluzione sociale, dei costumi e, in questo caso, dei consumi. Succedono cose, altre vengono inventate; modelli e prodotti un tempo considerati moderni vengono superati, o cambiano profilo. Quello che dicevamo 40 anni fa quando dicevamo “quella marca ormai si trova in tutti i supermercati”, per fare un complimento, è completamente diverso da quel che diciamo oggi quando diciamo di un prodotto che “è una marca da supermercato”. Poi ci sono le normative, che definiscono alcune parole facendole repentinamente cambiare di significato rispetto a quanto veniva inteso fino a poco prima dal senso comune: espressioni come “prodotto artigianale”, o “aroma naturale”, o “alta qualità” per le persone comuni significano una cosa, per la norma significano tutt’altro. E infine c’è la costante e invasiva azione della comunicazione commerciale, che propone termini ogni volta un po’ piegati verso fini che non erano i loro, ogni volta un po’ omologati, ogni volta un po’ traditi: tradizione, cura, sapore, festa…
2) Tra le parole che hai selezionato, quali sono quelle che più di altre si sono trasformate, evolute o deformate negli ultimi cinquant’anni?
È difficile fare una classifica, le 100 parole che ho scelto sono parole chiave che mi danno la possibilità di dire tante altre cose. Ma parole come grasso, magro, crudo, per esempio, sono tra quelle le cui evoluzioni sono più evidenti. Magro era una parola negativa, oggi indica cura e benessere. Grasso ha fatto esattamente il percorso inverso. Crudo era un difetto, una mancanza, un allarme, e invece è diventata una modalità di “cucina”.
3) E quali sono le parole che a malincuore hai lasciato fuori dalle 100 proposte nel libro?
In realtà anche questo libro è in continua evoluzione, chissà forse un giorno, farò una seconda puntata. Non ho dovuto sacrificare nulla, quelle che ho deciso di non usare sono solo in lista di attesa…
4) Che cosa significa “slow”, “lento”?
Significa ragionare, nella produzione, nella trasformazione e nel consumo del cibo, secondo ritmi che non sono quelli del profitto, non sono dettati dal mercato, ma dalla natura. Abbiamo forzato anche la nostra stessa esistenza nel tempi che dettava il mercato e non può funzionare. Ci vuole attenzione, cura, ci vuole consapevolezza delle connessioni, se il risultato a cui si tende e la sostenibilità. E questo non si ottiene se si va di corsa per far sì che i profitti crescano il più rapidamente possibile.
5) Dovessi valutare gli italiani in una nuova materia: la “grammatica del cibo”, che voto daresti? Quali sono gli errori da penna rossa che si commettono più spesso?
Intanto credo che in qualche modo il peggio sia passato. C’è stato un momento di gravissima ignoranza, ma ne stiamo uscendo. Per restare nella metafora, avevamo abbandonato gli studi, ritenendo che non fossero importanti, mentre ora siamo andati a recuperare i nostri libri tra le ortiche e stiamo cercando di capire come rimetterci al passo. Certo intanto il mondo dell’industria dell’agroalimentare ha fatto passi da gigante e ci ha eroso tante competenze. Se dovessi individuare gli errori più gravi li indicherei nel consumo di cereali raffinati, e nell’eccessivo consumo di carne. Sono due elementi gravi sia per la nostra salute sia per quella del pianeta.
6) Rimanendo in classe, durante la lezione di “grammatica del cibo”, quali sono gli alunni più distratti e quali quelli più disobbedienti? Tra i più meritevoli mettiamo noi quelli di Slow Food 🙂
Quelli che si fermano agli slogan, tipo “mangiare bene costa troppo” come se mangiare male non costasse una follia.
7) Expo Milano 2015 debutta tra ritardi, errori e malaffare. Quanto, secondo te, l’Esposizione Universale riuscirà a incidere sui temi dell’alimentazione e della nutrizione?
Per 6 mesi avremo a disposizione tutte le informazioni sul cibo di tutto il mondo. Se questo non ci renderà più consapevoli e attenti allora non sarà colpa di Expo, ma di come ci saremo fatti scappare l’occasione di utilizzarla al meglio.
8) Slow Food è uno dei soggetti firmatari del “Protocollo di Milano per l’Alimentazione e la Nutrizione”. Ci puoi descrivere in poche “parole-chiave” questo documento?
Lotta allo spreco alimentare, lotta alla fame e all’obesità, promozione dell’agricoltura sostenibile. Questo il super riassunto del Protocollo. Ci vuole pochissimo a dirlo, ma se vogliamo provare a realizzare questi obiettivi, avremo bisogno di tutto l’impegno e il tempo che abbiamo a disposizione.
9) Venendo al tuo rapporto con la lett(erat)ura, quali sono i libri, i generi o gli autori che più hanno influenzato la tua vita?
C’è stato il periodo della letteratura magica sudamericana, poi quello dei giallisti americani, poi quelli europei, poi quelli italiani (in reale il periodo dei gialli non è mai terminato), quello dei contemporanei indiani, che adoro, quello dei pensatori orientali. Il tutto sempre un po’ mischiato e comunque inframmezzato da alcuni strepitosi capolavori della letteratura umoristica, come “Tre uomini in barca” o “Il più grande uomo scimmia del pleistocene” due libri che penso di aver letto e regalato decine di volte. E poi i grandi classici del cuore: Il giovane Holden, Petulia, e l’imprescindibile Il Piccolo Principe, che ho usato tantissimo anche nel mio lavoro perché è una miniera inesauribile di pensieri.
10) Il libro che hai sul comodino?
Sul mio comodino c’è… il Kindle… e quindi – meravigliosamente – di libri ce ne sono tantissimi. L’ultimo libro “cartaceo” che mi ha appassionato tantissimo è “Il problema Spinoza” che consiglio vivamente. L’e-book di questi giorni invece è Il desiderio di essere come tutti, di Francesco Piccolo, che mi è piaciuto tantissimo.
Autore: Cinzia Scaffidi
Titolo: Mangia come parli
Editore: Slowfood Editore
Anno: 2014