Si usa dire che “la storia è scritta dai vincitori”. Chi vince la guerra impone la sua versione dei fatti, la versione dei perdenti soccombe. Nel suo ultimo romanzo, Il re ombra, tradotto e pubblicato da Einaudi (marzo 2021, p. 440), la scrittrice etiope Maaza Mengiste ci mostra invece un caso eccezionale di storia scritta dai perdenti: l’esperienza coloniale in Etiopia dell’Italia fascista.
La vicenda raccontata comincia nel 1935, poco prima della presa della capitale etiope Addis Abeba da parte del generale Badoglio. Saputo che l’esercito italiano sta marciando verso la città (è l’episodio che la propaganda fascista chiamerà la marcia della ferrea volontà), Kidane, luogotenente dell’esercito etiope, prepara le sue truppe.
I giorni concitati prima della guerra sono raccontati dal punto di vista di Hirut, giovane orfana dal carattere ribelle, che fatica a adattarsi alla vita da sguattera in casa di Kidane. Tutto ciò che alla ragazza resta della sua famiglia è un vecchio fucile regalatole dal padre, che custodisce gelosamente. Quel fucile è molto più di un ricordo: è un segno premonitore del futuro che la attende.
Cominciata la guerra, Hirut sfiderà le regole della società patriarcale etiope, che in quanto donna la relegano alla cura dei feriti e al compianto dei morti, per diventare a tutti gli effetti un soldato: fucile in mano, divisa d’ordinanza, in prima linea contro gli invasori italiani.
Il re ombra è tradotto in italiano (da Anna Nadotti) a circa due anni dall’uscita dell’edizione inglese, e a un anno dalla sua candidatura al prestigioso premio Booker Prize. Si tratta di un avvenimento importante, e non solo per il valore assoluto del libro.
“Il re ombra” è un libro che parla di noi italiani, ma parla anche a noi. A noi che abbiamo una percezione colpevolmente distorta dei nostri crimini inNordafrica. A noi che ci trinceriamo dietro il mito degli ‘italiani brava gente’ e che non ricordiamo i nostri bombardamenti con armi chimiche, sanzionati dalla Società delle Nazioni; che ci autoassolviamo, e crediamo che le nostre incursioni in Etiopia siano state poco più che scampagnate, occasioni per inventare nuovi inni ‘goliardici’ come Faccetta nera (dato che ormai ogni rievocazione della propaganda fascista passa per ‘goliardia’, folklore, humor e via sminuendo).
Ecco cosa dice Mengiste in una recente intervista parlando del suo libro: «Sono cresciuta sentendo parlare dell’invasione dell’Etiopia da parte Mussolini. Sulla carta, l’Etiopia non avrebbe potuto vincere quella guerra. Era mal equipaggiata e affrontava una delle potenze militari più forti al mondo. Eppure, l’Etiopia vinse. E per una bambina questa storia aveva tutto il fascino dell’epopea più avvincente» (traduzione mia).
Quel 1936 che per noi italiani rappresenta la fine vittoriosa di una guerra, per gli etiopi è infatti l’inizio di una eroica resistenza, che Mengiste si incarica di raccontare.
In questa nuova narrazione dei fatti, il punto di vista delle donne ha un ruolo centrale: grazie a questo romanzo le loro ragioni, due volte sepolte − dal fascismo e dalla stessa società para-feudale etiope che le relega ai margini − tornano a farsi sentire. Il ruolo da protagonista di Hirut, Aster, e altre donne guerriere nella resistenza etiope ricorda molto da vicino quello delle donne della resistenza italiana, rimasto a lungo fuori dalle pagine della storia.
Autrice: Maaza Mengiste
Titolo: Il re ombra
Editore: Einaudi
Traduzione: Anna Nadotti
Anno: 2021