Con il suo nuovo romanzo, L’albergo o Del delitto perfetto, Paolo Calabrò stravolge le regole del noir.
Non è sempre necessario un omicidio per decretare l’esistenza di una vittima e di un carnefice. La violenza psicologica e verbale ne è un esempio lampante. Ne abbiamo parlato anche recentemente, in un articolo incentrato sui vampiri energetici.
Uno dei protagonisti creati da Calabrò risponde perfettamente all’identikit del narcisista patologico. Quest’uomo sconvolgerà la vita di Samantha Lucetti, proprietaria di un albergo in montagna insieme al marito.
Samantha è riservata e abitudinaria. Un senso di repressione traspare dai suoi modi taglienti. Il marito le rimprovera di non essere sociale come converrebbe alla padrona di un hotel. In lui c’è una fiamma che non sopisce. Ha costantemente bisogno di una fuga momentanea dalla quotidianità di quel posto. Tanto da sollevare dei sospetti, quando si rintana in cantina con la rappresentante del loro fornitore.
“Lei [Samantha] evita tutti, allo stesso modo, cordialmente ma con ferma determinazione; e non per principio, o per traumi infantili. Semplicemente, trova che conoscere davvero qualcuno costi troppo, e non ne vale la pena”.
Ecco perché quando arriva Valerio Rifredi, uomo misterioso dal fascino calamitante, vengono entrambi rapiti dai suoi modi affabili e gesti inspiegabili.
Anche gli altri ospiti dell’albergo nascondono dei segreti. Il Sig. Scotti, amante del buon cibo e della pigrizia, è disposto e macinare diversi chilometri al giorno per recarsi in paese. Nessuno sa di cosa di occupi veramente.
Ma torniamo al tema principale del romanzo: la violenza psicologica. Calabrò usa le tinte del giallo per descrivere una situazione purtroppo sempre più diffusa. Secondo una ricerca Istat, “nel 2014 sono il 26,4% le donne che hanno subito violenza psicologica od economica dal partner attuale e il 46,1% da parte di un ex partner”.
E il paragone tra questa tipologia di violenza e gli elementi del noir non può che essere azzeccato. Smascherare il carnefice è più complesso che districare un gomitolo di rovi a mani nude. La persona in questione ha un’abilità camaleontica fuori dal comune: una buona dialettica, un repertorio di frasi fatte che si adattano a qualsiasi situazione (come l’oroscopo delle riviste).
“Certe volte stare con lui – o anche il semplice pensiero – la metteva in una insolita condizione di disagio, di ansia che cresceva anche fino a fiaccarla; come se la sua presenza avesse un che di ambivalente, che dava e toglieva allo stesso tempo”.
Calabrò non fa mistero di chi sia questo carnefice. Il lettore fiuta che c’è qualcosa che non va quando diviene partecipe delle sue frasi ignoranti e misogine. Quello che maggiormente incuriosisce, invece, è fino a dove l’uomo si spingerà per fare del male alle sue vittime, per trarre piacere dalla loro sofferenza.
Lo stile è asciutto, il ritmo spedito. L’autore lascia spazio a parentesi riflessive che approfondiscono la conoscenza dei personaggi, anche tramite flash-back.
Il finale è inaspettato. La protagonista prende una decisione che, probabilmente, sorprende il lettore, il quale inevitabilmente si schiererà a favore o contro questa scelta così radicale.
L’albergo o Del delitto perfetto rimarca che la realtà non è fatta di strati lisci e visibili, ma di substrati frastagliati, celati agli occhi di molti. Un noir diverso e attuale, che educa il lettore a temi importanti. Chiunque può cadere nel tranello del narcisista patologico che uccide l’altro “senza neanche toccarlo. Con le parole, i comportamenti, le assenze. Niente arma del delitto… disciolta, per sempre, nell’anima della vittima”.
“Se […] non fosse affatto un uomo dalla grande sensibilità, ma solo un grande venditore di ovvietà?”.
Autore: Paolo Calabrò
Titolo: L’albergo o Del delitto perfetto
Iacobelli editore
Anno: 2020