Carlo Gesualdo da Venosa è un principe vissuto nel Regno di Napoli, a cavallo tra il XVI e XVII secolo, il quale diventa erede dei possedimenti e feudi di famiglia, alla morte del fratello primogenito.

Come si può notare dalle prime pagine della biografia romanzata “Madrigale senza suono” (Bollati Boringhieri) scritta da Andrea Tarabbia, vincitore del Premio Campiello 2019, la vocazione musicale di Carlo Gesualdo viene ostacolata già in gioventù dai doveri di sovrano cui deve, necessariamente, adempiere. “A dispetto di tutto questo, io avrei voluto soltanto poter cacciare e comporre, Gioachino: cacciare e comporre” dichiarerà, colmo di dolore, verso la fine del romanzo, lasciandosi andare al cospetto del suo più importante confidente, amico e compagno di vita.

Il principe di Venosa è ricordato, infatti, per due principali avvenimenti: la composizione di sette libri di madrigali, portatori di innovazione nel genere della musica sacra, e il delitto d’onore della prima giunonica moglie Maria D’Avalos, colta mentre giaceva con l’amante Fabrizio Carafa.

Da questi due eventi storici, Andrea Tarabbia è in grado di dar vita a una sequenza di circostanze che uniscono il passato al presente e collegano la vita di Carlo Gesualdo con quella di Igor Stravinskij.

Il romanzo si apre con un immaginario fiabesco e soprannaturale, che rievoca l’atmosfera dei racconti popolari di una volta, un po’ grotteschi e molto affascinanti. Un cane randagio attira l’attenzione del celebre compositore russo del Novecento e, con l’andatura zoppicante e lo sguardo insistente, lo guida fino alla soglia di un negozio di libri antichi nel cuore di Napoli; nonostante la pioggia che scende imperterrita, l’animale si ferma, lanciando a Stravinskij il messaggio implicito di varcare quell’ingresso.

Un uomo enigmatico “alto, completamente calvo e magro come un uccello” consegna a Stravinskij un manoscritto intriso di mistero e sopravvissuto alla storia, che narra la vita di Carlo Gesualdo ed è scritto per mano di Gioachino Ardytti.

“Nessuno sa chi abbia stampato queste pagine, né dove né in che anno. Molti pensano sia un falso, un apocrifo”.

Alla lettura di quelle pagine, Stravinskij rimane scioccato, estasiato, confuso e perplesso dalle cronache di vita dell’uomo fonte di ispirazione per la sua musica.

I temi affrontati sono assoluti ed eterni: la lotta tra coscienza e potere, il dolore e il trauma come flussi di energia dove incanalare la propria creatività, l’amore vero e i cedimenti della carne, il conflitto tra medicina e stregoneria. Stravinskij riflette, pondera e riporta, in una lettera destinata allo studioso Glenn Watkins, i propri pensieri, man mano che legge il manoscritto.

Il gioco di matrioske che plasma Andrea Tarabbia è un artificio ben riuscito, che di artificiale ha ben poco, perché in grado di restituire una realtà più vivida di un quadro impressionista, che va oltre la verità storica e il cui colore si fissa nella mente del lettore.

Un registro raffinato, ricercato, dove i dialoghi e le descrizioni sono pensate per dare il giusto ritmo alla narrazione, come se fossimo ospiti di una partitura musicale.

“Io voglio che niente di ciò che ho fatto vada perduto, e voglio soprattutto fare mie tutte le combinazioni possibili e finora inesplorate. Voglio che in me si esaurisca tutta la musica possibile”.

Risultano profetiche queste parole, se si pensa a come è stato concepito il romanzo: si inizia con la Matrioska più grande, Igor Stravinskij, che appartiene al presente storico; per poi aprire le matrioske più piccole nel momento in cui il lettore si trova catapultato nell’epoca rinascimentale di Carlo Gesualdo, rivelando l’anima del principe che vi abita: colorata e scintillante all’esterno, indefinita e cupa all’interno.

Autore: Andrea Tarabbia
Titolo: Madrigale senza suono
Editore: Bollati Boringhieri
Pagine: 373
Anno: 2019