“L’aliscafo rallenta mentre si avvicina all’isola di Levura, che sembra galleggiare su una distesa d’acqua senza temere il fuoco del vulcano mezzo addormentato né la potenza del vento che leviga il profilo delle rocce brune.”
Alessia Gazzola sceglie di ambientare il suo nuovo romanzo nell’incantevole Sicilia. Levura è un’isola selvaggia, vulcanica, dove il tempo trascorre lentamente. In un post di Instagram, l’autrice scrive “… Levura è figlia di tante isole, a ognuna ho rubato qualcosa, ma a Levanzo un po’ di più”. Ed è proprio in questi scorci paradisiaci che si inserisce la figura di Lena Santoruvo, protagonista di “Lena e la tempesta” (Garzanti), una giovane illustratrice rimasta ancorata a un tragico evento accaduto quindici anni prima, proprio sull’isola.
Lena è figlia di due acclamati ed eccentrici scrittori: il padre è un accademico che vive a New York, le cui opere vengono ancora studiate sui banchi dell’Università; la madre si è realizzata a Parigi ed è autrice di romanzi di genere Romance, sotto pseudonimo. Dopo il divorzio, il padre regala a Lena la villa di Levura, dove la la ragazza aveva trascorso le estati più belle della sua infanzia, fino a quella cupa notte di Ferragosto.
Lena sta attraversando una crisi in campo professionale e personale e il suo ritorno alla villa rappresenta per lei un punto di svolta, un’opportunità per sbrogliare la matassa dei ricordi e fare pace con se stessa. Ad aiutarla, il pigro e coccolone chihuahua Cassius e l’affascinante quanto misterioso medico milanese Tommaso.
La cornice familiare di questo libro ricorda vagamente alcuni elementi del romanzo austeniano: la presenza di una madre invadente e poco sensibile che assomiglia alla Signora Bennet di Orgoglio e Pregiudizio e una figura paterna di cui Lena conserva un caro ricordo, talvolta ferito dalla distanza, sia geografica che emotiva.
Uno dei temi principali di “Lena e la tempesta” è la violenza sessuale e l’elaborazione del trauma che ne deriva. Alessia Gazzola ci rende partecipi dei turbamenti e dei pensieri cupi e oscuri di Lena, della sua riluttanza al rapporto fisico e della continua svalutazione delle proprie capacità. Alterna momenti drammatici a dialoghi ricchi di autoironia e studiata leggerezza caratteristici del suo stile di scrittura.
“È un po’ il mio karma. Tutta colpa del pallore ottocentesco, delle sopracciglia che non sfoltisco mai e dell’espressione da Maria Goretti che mi ritrovo. Ma anche della mia timidezza, che poi non è timidezza, ma incapacità a lasciarmi andare. Fatto sta che la mia vita sentimentale è destinata a rimanere movimentata come il deserto del Gobi. Per fortuna il disinteresse a instaurare rapporti solidi, nato e coltivato con cura negli ultimi anni, mi ha risparmiato tempo e delusioni”.
La tematica è truce, feroce e complessa, soprattutto se si aggiunge il fatto che anche l’aggressore di Lena è un abitante dell’isola: nonostante il coraggio dimostrato dall’autrice per aver deciso di affrontarla, mi sarei aspettata un’analisi più approfondita della psicologia del personaggio. La trama è originale e l’ambientazione pittoresca, i personaggi di contorno sono scelti con cura: c’era l’opportunità per scavare ancora di più ed arrivare alle radici del trauma della protagonista.
“Lena e la tempesta” è comunque un romanzo che consiglio a chi desidera dedicarsi a una lettura piacevole, rilassata e, allo stesso tempo, coinvolgente.
Alessia Gazzola è autrice di una serie di romanzi che vedono come protagonista il medico legale Alice Allevi. Piego di Libri ha recensito: Il ladro gentiluomo, Arabesque e Un po’ di follia in primavera.
Autrice: Alessia Gazzola
Titolo: Lena e la tempesta
Editore: Garzanti
Anno: 2019
Pagine: 362