Qualche giorno fa, chiacchierando con un amico professore di architettura, mi racconta: «Ho assegnato un compito ai miei studenti, e quando ho visto i risultati ho chiesto loro: ma perché fate queste cose? Sembra un progetto di Aldo Rossi. E loro: forse perché tutte le lezioni sono imperniate sul suo lavoro». Questa discussione spiega molto di più di tante analisi sul perché l’influsso del maestro milanese sia ancora così attuale.
Considerato unanimemente uno degli architetti più influenti del ventesimo secolo, Rossi aveva scritto giovanissimo, appena 35enne, un libro destinato a diventare un vero e proprio testo sacro dell’architettura moderna: L’architettura della città (Marsilio, 1966).
Testo antesignano – ormai è da qualche decennio che anche l’OCSE, con le sue territorial review, mette le città, ed in particolare le metropoli, al centro dello sviluppo urbano e sociale – il libro di Rossi diventa una summa delle discussioni precedenti e pone le basi per una nuova consapevolezza dell’importanza delle città, non solo dal punto di vista politico ed economico, ma soprattutto architettonico e formale.
In verità Rossi riprenderà in diverse occasioni il testo, adattandolo alle nuove edizioni. Ma quella prima uscita del 1966 resta nella storia. Ed è proprio alla storia del libro che è dedicato il saggio “Aldo Rossi, la storia di un libro. L’architettura della città, dal 1966 ad oggi”.
Il volume è curato da Fernanda De Maio, Alberto Ferlenga (appena eletto rettore dello IUAV) e Patrizia Montini Zimolo, ed è pubblicato dalla padovana “Il Poligrafo”. Proprio allo IUAV Aldo Rossi approderà, una decina d’anni dopo la pubblicazione di quel libro, per lezioni la cui eco si sente ancora nelle aule.
Una vera e propria opera filologica, che racconta la genesi, la sua diffusione, attraverso le molteplici traduzioni, la sua eredità culturale. Il libro esce due anni prima del ’68, ma il fermento culturale è assolutamente presente nelle pagine di Rossi, troppo “vecchio” per essere annoverato tra i protagonisti dell’“anno degli studenti” e troppo giovane per essere considerato parte della stagione resistenziale.
Per chi ha avuto modo di sfogliare l’opera di Rossi, appare evidente, come ricorda Fernanda De Maio, che di essa «si può dire tutto meno che sia chiara o scorrevole nello sviluppo dei suoi contenuti».
Questo limite si deve forse proprio al ripescaggio continuo di contenuti elaborati in momenti successivi ma antecedenti all’idea di scrivere un libro di questo genere (pensati quindi in modo separato), i quali, nella nuova opera, vengono collegati attraverso minimi aggiustamenti dei testi originali.
Testi autonomi sono, in definitiva, tenuti insieme da un fil rouge, la città, che, «dunque potrebbe non essere il vero oggetto del libro ma il pretesto per parlare di architettura, di forma e di bellezza».
Autore: Fernanda De Maio, Alberto Ferlenga, Patrizia Montini Zimolo
Titolo: Aldo Rossi, la storia di un libro. L’architettura della città, dal 1966 ad oggi
Editore: Il Poligrafo
Anno: 2014